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La Repubblica

Batoste, manine e trofei: Mou e l’arte di reagire

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C'è da cambiare marcia per costruire le basi per un'altra stagione vincente. E se c'è un allenatore che sa come si fa, quello si chiama José Mourinho

Redazione

Sottil come Conte e Guardiola. Forse più come Knutsen. Lo diciamo per questione di blasone e palmares, ma statisticamente, da domenica seraè infatti tra i tecnici in grado di rifilare una delle sconfitte più pesanti della carriera di Mourinho, scrive Andrea Di Carlo su la Repubblica. Non la più eclatante, ma quella piùimportante nella sua storia in Serie A, finora vissuta sulle panchine di Inter e Roma.

Per uno allergico al concetto di sconfitta, rapportarsi con pesanti k0 rimane qualcosa di molto complicato, qualcosa che gli procura un fastidio quasi epidermico, gli si legge in faccia che, tra possibili esiti di una partita, sia quello che fatica proprio ad accettare. La disfatta macchia in maniera irreversibile il curriculum ma quello che conta è rialzarsi. E la storia di Mourinho, sotto questo punto di vista, fa emergere una chiara e beneaugurante equazione: ad ogni batosta corrisponde un trofeo.

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Partiamo dalla storica "manita" subita dal Real Madrid dello Special One contro il Barça Guardiola, il 29 novembre 2010: una partita umiliante per il blasone del Galacticos. Il Barça inoltre eliminò il Real nelle semifinali di Champions League ma perse la finale di Copa del Rey al Mestalla di Valencia. Decise Cristiano Ronaldo. Dalla Liga alla Premier: il 23 ottobre del 2016 Mou subisce un'altra pesante sconfitta, stavolta sulla panchina del Manchester Utd, allo Stamford Bridge, con il Chelsea di Antonio Conte. Un poker senza storia, ma anche l'inizio della svolta: la vittoria con il Manchester City nella stida seguente, un passo falso trascurabile soprattutto una scia incredibile di 17 risultati utili consecutivi, con 9 vittorie di fila.  C'è da cambiare marcia per costruire le basi per un'altra stagione vincente. E se c'è un allenatore che sa come si fa, quello si chiama José Mourinho.