Roma-Parma 3-1, Scudetto 2001

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La stagione 2000-01 è cominciata nel segno di Gabriel Omar Batistuta. La Roma era arrivata ad un bivio importante: sulla panchina c’era Fabio Capello, già a Trigoria dalla stagione precedente, proprio nell’anno in cui poi la Lazio si è...
Redazione

A cura di Laura Novelli

Introduzione

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La stagione 2000-01 è cominciata nel segno di Gabriel Omar Batistuta. La Roma era arrivata ad un bivio importante: sulla panchina c’era Fabio Capello, già a Trigoria dalla stagione precedente, proprio nell’anno in cui poi la Lazio si è laureata campione d’Italia. I tifosi chiedevano un riscatto, proprio per cercare di cancellare la vittoria dei biancocelesti, Fabio Capello chiedeva garanzie per poter avere una squadra di valore e Franco Sensi – allora presidente giallorosso – aveva capito che era arrivato il momento di rischiare e puntare tutto sulla squadra. Così, dopo qualche settimana di trattative, nell’estate del 2000, il numero uno del club era riuscito a fare quello che voleva: ottenere la firma di Gabriel Omar Batistuta, che aveva lasciato la Fiorentina, sul contratto che lo avrebbe legato alla Roma. Costato 70 miliardi era stato sicuramente l’acquisto dell’estate, ma i giallorossi non si erano fermati a quello. A Trigoria sono arrivati anche il brasiliano Emerson, centrocampista, il difensore Walter Samuel, difensore. Erano queste le risposte del presidente Sensi a quanto successo l’anno prima, era arrivato il momento di alzare la voce, anche a costo di pagarla cara – a livello economico – in un futuro non troppo lontano. Fabio Capello aveva avuto quello che voleva, giocatori per competere per qualcosa di importante, magari strappare lo scudetto dalla maglia della Lazio. Solo che il 18 agosto è arrivata la prima tegola.

Emerson, arrivato per rinforzare il centrocampo, si è rotto il crociato in uno scontro di gioco in allenamento. È stato operato il 21 agosto ed ha dovuto passare il testimone nelle mani di Damiano Tommasi che ha compiuto un vero e proprio miracolo, prendendo in mano il controllo del centrocampo e giocando un campionato ad altissimo livello. Con lui tutto il resto della squadra ha girato a dovere, Batistuta ha fatto quello che si aspettavano tutti: i gol, portando la Roma in alto in classifica trasformando ogni pallone che riceveva da Totti e compagni. Almeno fino a quando ha dovuto lasciare il passo a Montella, sempre pronto a subentrare all’argentino fino a che è stato in grande forma e a sostituirlo nella fase finale della stagione, quando si è dovuto gestire per alcuni problemi fisici. E pensare che tutto era cominciato con una contestazione pesante, subita dalla Roma, prima dell’inizio del campionato. Il 24 agosto i giallorossi erano stati eliminati dall’Atalanta in Coppa Italia, e ai tifosi non è andata giù. Così hanno messo in atto una pesante manifestazione, fuori dai cancelli di Trigoria, senza risparmiare critiche a nessuno. In quell’anno il campionato è cominciato il 30 settembre e i giallorossi erano stati chiamati a non sbagliare più. E così è stato. Alla fine, la contestazione, ha compattato il gruppo – come hanno ammesso più volte gli stessi calciatori durante la stagione - e il 22 ottobre la Roma era in testa alla classifica del campionato. Primato che hanno perso solo per pochissimo tempo, riconquistandolo poi dopo la 5° giornata. Chiuso l’anno da capolista – con 6 punti sulla Juventus seconda – i giallorossi si sono laureati campioni d’inverno con 39 punti. Ed è stata proprio la doppia trasferta che ha segnato il passaggio tra il girone di andata e quello di ritorno a dare la certezza, alla squadra di Capello e alle sue avversarie, che quello poteva essere l’anno giusto. Il 4 febbraio la Roma giocato e vinto, per 2-1, contro il Parma in trasferta l’ultima del girone di andata. Meno di una settimana dopo, il 10 febbraio, è stata la volta della prima di ritorno, in casa del Bologna, ancora lontano dall’Olimpico e ancora una vittoria per 2-1 per i giallorossi.

La strada verso la conquista dello scudetto adesso sembrava essere più chiara, dopo la flessione registrata a gennaio che aveva fatto tentennare alcune certezze. Mancavano ancora troppe giornate per dirlo, ma nella doppia trasferta emiliana, la Roma, ha preso consapevolezza di quello che sarebbe potuto accadere e da allora in poi è stata una vera e propria corsa verso il titolo. A marzo il vantaggio sulla Juventus è arrivato a +9 (12 invece i punti che separavano la capolista dalla scudettata Lazio). Poi c’è stato di nuovo un calo, con la sconfitta a Firenze, il 9 aprile del 2001 e il pareggio con il Perugia. A perdere punti però è stata anche la Juventus che ha pareggiato due partite consecutive, contro Parma e Lecce ed è scivolata di nuovo a 6 punti dalla Roma. Il 6 maggio è arrivato il momento dello scontro diretto, i bianconeri hanno ospitato Capello e i suoi e, proprio alla vigilia della sfida che poteva decidere tutto, è arrivata una modifica del regolamento sui calciatori extracomunitari che di fatto, toglieva il limite per lo schieramento in campo (era già stato liberalizzato il numero per il tesseramento). La Roma ha potuto far giocatore il giapponese Nakata che si è rivelato decisivo, proprio durante lo scontro diretto.

I giallorossi erano sotto di due gol, chiamato a sostituire Totti, Nakata è entrato e ha segnato il gol del 2-1; poi ha messo il piede anche nel pareggio di Montella. Con il pareggio di Torino, la Juventus è stata sorpassata anche dalla Lazio, salvo poi riconquistarsi il secondo posto dopo tre settimane. Arrivati a tre giornate dalla fine del campionato, la Roma ha poi sprecato due match point: il primo pareggiando in casa con il Milan, il secondo in trasferta a Napoli (1-1). Era destino che lo scudetto finisse nelle mani dei giallorossi, in casa, nell’ultima di campionato. Era il 17 giugno del 2001.

Il racconto della gara

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Era il 17 giugno del 2001 e la partita più attesa era in programma all’Olimpico. La Roma avrebbe ospitato il Parma in una gara che valeva più dei classici tre punti: la vittoria avrebbe assegnato lo scudetto alla squadra guidata da Capello. In testa alla classifica per praticamente tutto il campionato, il gruppo capitanato da Francesco Totti, aveva un appuntamento importante, insieme con tutta la città che, ormai, non dormiva da giorni, in attesa della gara. La partita era in programma alle 15.00, ma alle 10.00 migliaia di tifosi giallorossi avevano già raggiunto l’Olimpico. La tensione era alta, l’eccitazione alle stelle, per un evento atteso da 18 anni (l’ultimo scudetto dei capitolini era arrivato nel 1983). La Roma, nei due match precedenti, non era riuscita ad assicurarsi la matematica vittoria e si doveva giocare tutto in quell’ultima giornata. La Juventus era seconda a 70 punti (2 in meno della Roma) e se i giallorossi avessero commesso un passo falso, i bianconeri ne avrebbero potuto approfittare (matematicamente c’era in ballo anche la Lazio a 69 punti, tre dai giallorossi, impegnati sul campo del Lecce). Quindi gli occhi erano puntanti anche su Juventus-Atalanta, ma la Roma aveva il destino nelle proprie mani e non doveva fare altri errori (dopo i pareggi con Milan e Napoli). Roma e Parma sono scese in campo con i giocatori sistemati in modo speculare: 3-4-1-2 per entrambe le formazioni. Almeyda aveva il compito di controllare Totti, a Fabio Cannavaro era stato affidato Batistuta, al fratello Paolo invece Montella. Al fischio d’inizio, come immaginabile, la Roma è partita fortissimo impegnando subito Buffon in due occasioni, entrambe capitate sui piedi di Batistuta. Al 19° è arrivato il primo boato dei tifosi allo stadio, ma non solo: Candela, sulla sinistra, ha ricevuto palla, ha crossato per Montella al centro. L’attaccante campano ha fatto il velo per Totti che senza esitare, lanciato verso la porta avversari, ha tirato di prima e superato Buffon.

Gol ed esultanza sotto la sud, lo stadio è letteralmente impazzito, così come il capitano giallorosso che si è tolto la maglia ed è corso verso la curva. Era il 19° del primo tempo, 1-0. Mancavano ancora 70 minuti più recupero. Subito dopo la rete del vantaggio, Buffon ha salvato la porta su punizione di Emerson. Poi ancora, Totti dall’esterno ha crossato al centro, Tommasi dall’interno dell’area ha rinviato indietro la palla ad Emerso che h servito il capitano ma la palla è finita lontano dalla porta. La Roma è stata incontenibile, dall’inizio alla fine della partita che si è giocata praticamente a porta unica. Poi ancora Tommasi per Totti che ha sfiorato il palo di Buffon. Qualche istante dopo, Montella ha messo palla a terra, ha servito Batistuta ma anche questa volta il gol non è arrivato. La difesa del Parma cercava in tutti i modi di contenere gli attacchi dei calciatori giallorossi che fremevano e volevano chiudere la partita. Sono stati diversi i palloni del possibile 2-0, che si sono trovati tra i piedi, prima Totti, poi Batistuta e anche Montella, ma che sono finiti al lato o respinti da Buffon, anche se era solo il preludio di quello che sarebbe stato. Si vedeva che i giallorossi avrebbero dilagato, davanti ad un Parma che non aveva nulla più da chiedere al campionato. E’ stato Montella a segnare l’attesissimo e meritato 2-0. Era il 39° del primo tempo. Batistuta è ripartito in contropiede, ha tirato. Buffon ha respinto, ma non ha potuto fare nulla sul rinvio di Montella che stava correndo verso la porta e ha mandato la palla in rete per il secondo gol giallorosso. Nel frattempo, la Lazio aveva segnato a Lecce, ma senza cambiare la situazione per gli uomini di Capello. Le squadre sono andate al riposo sul 2-0 per la Roma e con l’Olimpico che era esploso in una festa.

Sugli spalti ogni tifoso aveva una bandiera e dato vita ad uno spettacolo meraviglioso. Al rientro dagli spogliatoi è arrivata un’altra notizia da festeggiare: il Lecce ha pareggiato. Dopo circa 10 minuti della ripresa è arrivato il terzo gol, dai piedi di Montella, ma è stato annullato per fuorigioco di Batistuta. E proprio l’argentino, al 78° ha segnato la rete del tre a zero, chiudendo di fatto la partita, dominata dalla squadra di Totti e compagni, dall’inizio alla fine. Tiro di sinistro ad incrocio sul primo palo. All’82° è arrivato il 3-1 di DiVaio, ma non ha spento la festa, anzi. Qualche minuto dopo il gol del Parma, l’entusiasmo era salito pericolosamente alle stelle diventando anche un rischio. Centinaia di tifosi si sono avvicinati alle barriere che separano gli spalti dal campo e hanno cominciato ad arrampicarsi tentando di invadere il campo. Capello si è innervosito temendo che potessero essere presi dei provvedimenti pericolosi per il risultato ed ha cominciato ad urlare verso i sostenitori di fermarsi, di aspettare la fine della partita. In molti sono riusciti a superare le barriere e ad invadere il terreno di gioco, ma la partita non era finita. Chiedevano maglie e qualcuno ha preso anche i palloni. Giocatori e allenatore continuavano ad invitare tutti ad aspettare il fischio finale, senza mettere a rischio la conclusione del match, la sconfitta a tavolino avrebbe voluto dire addio allo scudetto. Dopo un’interruzione di qualche minuto, sono tornate le condizioni per proseguire la partita e giocare gli ultimi 5 minuti che mancavano. Ormai ai lati del campo era pieno di tifosi, tanto che poco prima del fischio di inizio tutti i giocatori avevano cominciato a guadagnare la strada degli spogliatoi, compresi i portieri che hanno lasciato sguarnita la porta per imboccare il tunnel al triplice fischio dell’arbitro.

Braschi alla fine ha fischiato, la Roma era diventata campione d’Italia per la terza volta nella sua storia, dopo 18 anni. Il prato dell’Olimpico era praticamente invisibile, il campo era stato invaso da migliaia di tifosi festanti, scesi dagli spalti come un fiume in piena e prendevano souvenir di ogni tipo. I calciatori erano negli spogliatoi a festeggiare. Qualcuno, come Tommasi che sventolando una bandierina giallorossa, pensava e aspettava di uscire a fare il giro di campo, senza rendersi conto di cosa stava accadendo all’esterno, era impossibile scendere in campo. Eppure, il presidente Sensi non si è fermato ed è sceso, in mezzo al mare di gente festante, per ringraziare i tifosi fermandosi sotto ogni settore anche per dire semplicemente ‘grazie’. Il sogno era stato raggiunto e se fuori c’era una città in estasi, anche negli spogliatoi si era scatenata la festa, con canti, balli, champagne spruzzato ovunque e gavettoni che colpivano chiunque passasse dalle parti dello spogliatoio. L’unico a non farsi travolgere dall’entusiasmo generale, è stato Nakata, rimasto quasi impassibile.

Era l’unico ad aver fatto la doccia, come fosse finita una partita qualsiasi, attraversava il corridoio in accappatoio, come vivesse una realtà parallela, tanto che tra un festeggiamento e l’altro Marco Delvecchio, scherzando, gli ha rivolto un: “oh Hide scusa se abbiamo vinto eh”. Anni dopo in molti ex protagonisti di quella vittoria, hanno raccontato di aver visto il giapponese seduto a leggere un libro, mentre tutti gli altri erano completamente inebriati di vittoria. Così come i tifosi che hanno dato il via ai caroselli in giro per tutta la città e che sono andati avanti per settimane intere. Ogni occasione era buona per festeggiare, prima al lavoro, poi la sera al centro della città, a Testaccio, in ogni quartiere scattava la festa.

Il Tabellino

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Roma 3-1 Parma, Roma Stadio Olimpico (74.773 spett.)

As Roma: Antonioli, Zebina (65’ Mangone), Samuel, Zago, Cafu, Tommasi, Emerson, Candela, Totti, Batistuta (80’ Delvecchio), Montella (80’ Nakata).

A disposizione: Lupatelli, Zanetti C., Di Francesco, Guigou.

All.: Capello

Parma: Buffon 8, Cannavaro P., Thuram, Cannavaro F., Sartor (53’ Amoroso ), Fuser, (57’ Boghossian ), Almeyda (76’ Benarrivo), Sensini, Falsini, Milosevic , Di Vaio.

A disposizione: Guardalben, Bangoura, Mboma.

All.: Ulivieri

Arbitro: Braschi

Marcatori: 19' Totti, 39' Montella, 78' Batistuta, 82' Di Vaio.

Le dichiarazioni

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Le dichiarazioni del post vittoria naturalmente non potevano non essere entusiastiche, da parte di tutti. A cominciare dal presidente Sensi, che si era impegnato economicamente per raggiungere quel risultato. Per prima cosa ha dedicato la vittoria ai genitori: Silvio e Rosa. E poi: “Questo scudetto ha permesso ai tifosi di uscire dalla prigionia di un sogno – ha detto il numero uno parlando probabilmente anche di sé stesso – il merito di questa vittoria è di Capello per il 90%, per la passione e per la capacità che ha messo guidando la squadra, dimostrando sempre una grande personalità e una grande voglia di vincere. Il calcio sfugge alla razionalità. Tra aprile e maggio ho capito che nessuno ci avrebbe ripreso, il periodo più brutto invece forse è stata l’ultima settimana, dopo i pareggi con Milan e Napoli, c’è stata molta tensione. Il momento più difficile, Fabio Capello, probabilmente lo ha vissuto negli ultimi minuti della partita contro il Parma, quando troppi tifosi hanno cominciato ad invadere il campo prima del fischio finale. Il tecnico ha cominciato ad urlare di stare fermi, facendosi sfuggire anche: “dilettanti”. Dopo la partita ha ammesso di aver davvero avuto paura di vedere sfumare tutto il lavoro dell’anno. “Questo scudetto è stato il più sofferto - dei sei vinti dal tecnico – vincere a Roma non è facile. Si passa dall’esaltazione alla depressione. Noi siamo stati bravi ad isolarci.

Questo è un ottimo gruppo che potrebbe aprire un ciclo, guardando anche gli avversari abbiamo vinto un super campionato, 75 punti non li aveva mai fatti nessuno, se devo trovare un difetto, forse abbiamo preso troppi gol nella fase finale della stagione”. Francesco Totti, commosso fino alle lacrime subito dopo il fischio finale, ha poi festeggiato con i compagni negli spogliatoi. È fantastico, indescrivibile, alla fine è stato bello vincere nel nostro stadio, davanti al nostro pubblico. Questo successo è per loro, per me e per la mia famiglia, per tutti i romanisti. È la dimostrazione che anche a Roma si può lavorare seriamente, questo scudetto ci ripaga di tante cose. Roma è una città fantastica e con un pubblico incredibile che stupisce sempre”. Poi ha parlato del cammino compiuto dalla squadra: “E’ stato un campionato di un’intensità incredibile. Oggi si è avverato un sogno incredibile, il sogno di un romano e romanista che ha avuto la fortuna di vestire la maglia della squadra del cuore di cui sono diventato anche capitano. Oggi, d’incanto, tutto si è avverato, sono qui e sono campione d’Italia. I miei compagni? Tutti incredibili, ma credo che qualcuno meriti un abbraccio speciale, come Batistuta, per esempio, è stato l’uomo della svolta. E Montella, so cosa ha sofferto dopo Napoli – in quell’occasione, l’attaccante ha dato un calcio ad una bottiglietta scagliandola contro Capello dopo una sostituzione – era talmente scosso che ho insistito perché tutta a squadra gli si stringesse attorno per fargli trovare la giusta serenità per arrivare a questo risultato, tutti insieme. Capello? Bisogna chiamarlo Fabio Massimo, c’è poco da fare, non cambio il mio giudizio, anche se ho sofferto quando sono stato escluso, ma lui guarda agli interessi del gruppo. Ci ha fatto maturare e dato stabilità nei momenti difficili. Il momento più duro? La sconfitta con l’Atalanta e l’eliminazione dalla Coppa Italia. Forse ci è servito anche quello, ci siamo uniti e ne siamo usciti con una convinzione: questo doveva essere il nostro anno”.

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