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Spalletti-Di Francesco, atto secondo: l’eterna lotta tra il presente e passato della Roma

Luca Benincasa Stagni

Un’altra caratteristica che sembra diversa è il modo di approcciare alle difficoltà. Spalletti ha sempre cercato di proteggere i giocatori:“Se la squadra non vince è l'allenatore il responsabile”. Ovviamente il trattamento di favore non era di certo rivolto verso la bandiera Totti, che anzi venne attaccato a fine campionato dal tecnico: E’ stato sempre messo davanti ad ogni performance, annullando i valori degli altri. La Roma non ha vinto niente e su questo ci sta anche quello che ha fatto lui”. La protezione a oltranza della squadra e le polemiche con il capitano alla fine si sono rivelate fatali, con la rosa incapace di dare il meglio nel momento clou della stagione.

Di Francesco, invece, mette prima la squadra. Le dichiarazioni nel post gara contro l’Atalanta ne sono l’emblema: “La squadra non mi è piaciuta, mi aspetto qualcosa di più”. Senza però mai discutere il suo credo. Anche questo metodo potrebbe alla lunga rivelarsi deleterio (nell’ultimo mese è palese che non abbia funzionato). Così, tra vizi del presente e del passato, la Roma arriva a Milano con un’anima diversa. La bacheca, però, resta vuota. Da dieci anni questa è l’unica cosa che non cambia mai.

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