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Sarri, Allegri, Mazzarri e Spalletti: la Roma guarda alla Toscana. Ecco come giocherebbero

Iacopo Erba

 

“Domandando l’impossibile si ottiene il meglio”, scriveva Niccolini. Era di certo impossibile ipotizzare che tra Spalletti e la Roma potesse ancora nascere una storia d’amore, eppure c’è anche lui tra i nomi vagliati dalla proprietà per il dopo Fonseca. Una terza esperienza nella Capitale che, spingendosi oltre i recenti ricordi, avrebbe più di qualche motivo per funzionare.

Il modulo, innanzitutto. Dal 4-2-3-1 alla cosiddetta “difesa a 3 e mezzo” del suo secondo insediamento in giallorosso con la quale arrivò la cifra record degli 87 punti in classifica, lo spazio di manovra è tanto e Spalletti è stato nel corso della sua carriera in grado di esaltare qualunque tipologia di calciatore, spesso di fatto reinventandone alcuni (Perrotta e Ruediger docet).

Oltre il lato tecnico, ripercorrere le due esperienze di Spalletti in giallorossopotrebbe avere l’effetto dell’apertura del vaso di Pandora. È stato l’ultimo ad alzare un trofeo nella Capitale e a capire, meglio di chiunque altro, alcuni aspetti del lato calcistico di questa città, ma ne è stato spesso anche sommerso, finendo per perdere la bussola. La burrascosa gestione del caso Totti ed alcuni atteggiamenti al limite mostrati anche nella sua esperienza all’Inter nel rapportarsi con alcuni punti fermi dello spogliatoio non impediscono ad una buona fetta della piazza giallorossa di credere ancora in un suo ritorno. Segnale di come lo strappo di qualche anno fa potrebbe ancora, per il bene della Roma, essere ricucito.

 LaPresse

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