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Roma, processo a Monchi. Ecco difesa e accusa al ds: poca pazienza o mercato sbagliato?

Da un lato gli addii pesanti di Strootman, Alisson e Nainggolan che hanno complicato il lavoro di Di Francesco. Dall'altro i tanti nuovi acquisti di livello che, se messi in condizione, porteranno i giallorossi ai vertici della Serie A

Redazione

LaPresse

E’ arrivato Monchi. Ma chi quello che ha portato a Siviglia 9 trofei? (nessuno scudetto o Champions, sia chiaro). Proprio lui. Ah ma quello che ha scoperto Dani Alves, Sergio Ramos e Rakitici. Esatto. E a Roma è scattata l’esaltazione del dirigente, qualcosa che in altre città riservano a giocatori o allenatori. Era già accaduto con Sabatini e Baldini, si è ripetuto con Monchi. Il re Mida del calcio spagnolo, l’ennesima divinità scesa a Roma per insegnare a tutti come si fa e come non si fa. Fiducia, piena. Come è giusto che sia con un nuovo dirigente chiamato a fare meglio del suo predecessore che tra crack di mercato, acquisti sbagliati e cessioni illustri (ma centellinate negli anni) aveva portato la Roma al record di punti della sua storia. Ogni conferenza stampa di un nuovo acquisto così diventava la conferenza di Monchi. “Ci sono zero possibilità che parta Rudiger, la Roma non è un supermecato”, “Qui non si vende si vince”, “Ci vediamo al Circo Massimo a fine anno”, “Se parte Alisson mi metto io in porta”, “Quest’anno non abbiamo bisogno di vendere, ci rinforzeremo”. Promesse da campagna elettorale, ma qui non c’è nessuno da votare. La lista dei giocatori scoperti da Monchi però è stata di colpo cancellata. A sostituirla un’altra, quella delle cessioni che letta tutta di un fiato fa venire i lucciconi agli occhi: Salah, Paredes, Rudiger, Emerson, Nainggolan, Alisson e Strootman.Mezza squadra titolare perduta in 13 mesi, così senza batter ciglio. E fosse stato per Monchi sarebbe partito pure Dzeko proprio nel bel mezzo dello scorso campionato. Una ecatombe, una voglia di dimostrare che la Roma di Monchi sarà meglio di quella di Sabatini. Bene, o meglio male, ma diamogli ancora fiducia. Nell’ordine sono arrivati così Pastore che al Psg ormai teneva ben calda la panchina da mesi, Olsen che ha ottenuto il suo massimo in 30 anni difendendo i pali del Copenaghen (bella città per carità, ma niente più) e Cristante ultimo prodotto d’oro di un vivaio che fuori da Bergamo vive difficoltà. Loro tre, nello scacchiere di Di Francesco, devono sostituire Nainggolan, Alisson e Strootman. I mormorii aumentano e non diminuiscono nemmeno quando arriva Nzonzi. Poi c’è la sfilza di giovani tra cui il promettente Coric, il talentuoso Kluivert e una serie di incognite: Bianda (5 presenze in Ligue2), lo sconosciuto Fuzato e Zaniolo. Ci aggiungiamo Santon, tanto per far aumentare le bocche storte. “Eh ma poteva arrivare Malcolm”, dirà qualcuno. Ma non è arrivato, e in quell’occasione Monchi ha visto diventare bianco qualche pelo in più sulla barba. Ancora più ingrigito però sarà stato Di Francesco che da 14 mesi chiedeva un esterno destro di piede mancino. Avrebbe tenuto Salah, avrebbe gioito con Mahrez, si sarebbe accontentato di Berardi. Ma non piaceva a Monchi, e qui rientra il protagonismo dei dirigenti.“Decido io, e se va male pago io”. No, paga la Roma. Come sempre.

A cura di Francesco Balzani

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