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IL PAGELLONE DEL 2019: Zaniolo-Pellegrini, un anno in Rolls Royce. De Rossi, ingrata nostalgia

Francesco Balzani

DZEKO, DE ROSSI, VERETOUT, MANCINI, PETRACHI 7

Inutile far finta di nulla: questo 2019 verrà ricordato soprattutto per l’addio forzato di Daniele De Rossi. La notizia della scelta del mancato rinnovo da parte del club è stato lo scoop dell’anno. E ha portato a contestazioni globali che forse non si erano mai viste da queste parti. Daniele meriterebbe un 9 alla carriera e di certo un voto alto per come ha affrontato la questione. La conferenza sincera ma rispettosa con la quale ha salutato la Roma ha messo a nudo i problemi di comunicazione all’interno della società. E pure in campo è stato uno degli ultimi a non mollare in un finale di stagione 2018-2019 quasi da incubo. C’è l’amarezza di veder andare via un campione così senza aver vinto un grande trofeo. C’è il cuore grondante tenuto in mano come in una celebre pubblicità. Sette merita anche colui che ha dovuto raccogliere il copione della regia provando a far rimpiangere De Rossi il meno possibile. Stiamo parlando di Jordan Veretout, faccia da Peaky Blinders e tre polmoni a reazione. Il francese della Loira ha tenuto in piedi un reparto falcidiato dagli infortuni e solo nel finale dell’anno si è concesso qualche comprensibile battuta a vuoto. Nell’estate in cui è crollato il governo, invece, c’è da registrare una anomalia di resistenza. Edin Dzeko ha scelto di restare alla Roma nonostante la corte dell’Inter. Un gesto inaspettato, una manna dal cielo. Il bosniaco, da 5 per la prima parte del 2019 in cui ha mostrato nervosismi ed errori sotto porta, è tornato leader convinto di un gruppo che pende dalle sue labbra. Sono tornati pure i gol (non troppi ancora), ma soprattutto quel modo di dirigere l’orchestra offensiva che ne fa uno degli attaccanti più forti del mondo. A tesserne le doti ultimamente è stato pure Gianluca Mancini, un altro gioiello sottovalutato del mercato di Petrachi (ne parleremo più avanti). Il difensore di Pontedera è riuscito in un’impresa: una volta uscito dall’isola felice di Bergamo non solo si è confermato, ma si è migliorato. Personalità da vendere, senso della posizione e grande adattabilità pure da regista di centrocampo. E di questo, come detto, va ringraziato l’uomo del Salento che non è Conte ma Petrachi. Il direttore sportivo ha riportato l’odore di pozzolana tra le mure troppo lucide di Trigoria. Ha indovinato quasi tutti gli acquisti, ha fatto digerire cessioni, ha trattenuto Dzeko e Zaniolo. Meriterebbe un voto più alto ma l’ingenuità che ha scaturito le indagini della Procura sul suo presunto doppio ruolo con Toro e Roma invitano a rivedere alcune dinamiche di comunicazione.

 LaPresse

6,5 EL SHAARAWY, PAU LOPEZ, CRISTANTE, DIAWARA, MIRANTE

Se c’è un giocatore che oggi manca davvero alla Roma, soprattutto in termini realizzativi, quello è El Shaarawy. Il Faraone aveva rialzato per bene la cresta dopo anni di salite e discese. Dopo aver terminato coi fuochi d’artificio il 2018 aveva mantenuto le promesse pure nell’anno successivo nonostante i guasti di una squadra destinata da lì a poco a cambiare motore. In estate sono arrivati i milioni cinesi, e la bella aria dell’Eur che in estate è addolcita dal vicino mare si è tramutata in quella certamente meno leggiadra di Shanghai. Dall’afa di Siviglia è arrivato invece Pau Lopez chiamato a far dimenticare Olsen senza avere la pretesa di ricordare Alisson. Lo spagnolo ha avuto un buon impatto anche se è presto per parlare di colpo. Bravo coi piedi e con la gola Pau è quasi una certezza. Lo sta diventando a piccoli passi pure Diawara contropartita anomala (almeno nei primi giudizi) dell’affare Manolas. L’ex Napoli ha iniziato balbettando ma negli ultimi due mesi ha effettuato l’upgrade giusto. Nota di merito pure per lo sfortunato Cristante. Il centrocampista, alle prese con un problema al tendine inguinale, è stato uno dei giocatori più impegnati in assoluto da tre allenatori. Un caso? No. Il soldato Bryan è decisamente salvo dopo un 2018 (giallorosso) decisamente grigio. Nota di merito finale per Mirante, uno dei secondi portieri più affidabili d’Italia. Le sue parate contro l’Inter saranno ricordate col sorriso.

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