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Dall’iPad di Luis Enrique al bunker di Fonseca: le nove estati caldissime della Roma americana

Gianluca Viscogliosi

I gradoni di Zeman, le impennate umorali di Spalletti e il Rudi Garcia dai due volti, per finire con Di Francesco e Fonseca. Tutte le storie dai ritiri giallorossi della nuova proprietà

Aprile 2011. Boston, Massachusetts. La A.S. Roma diventa americana. Una primavera giallorossa, una svolta di mentalità, un'impronta 'made USA' attesa specialmente a livello comunicativo. Non solo nelle dichiarazioni dei dirigenti, ma anche nel rapporto con i tifosi, riconosciuti come motore e volano del progetto. Vicinanza del tifo alla squadra quindi, sempre e comunque, sin dalla prima estate, quella di Riscone targata Luis Enrique. Energia asturiana nelle vene un un po' inaridite sia del popolo giallorosso sia della rosa rinnovata. Lo staff giovane, l'Ipad e i metodi innovativi, ma soprattutto un motto da portare avanti come un mantra anche nel corso della tribolata stagione: "Trabajo y sudor". Dalle dolomiti alla Capitale, con la forza della speranza e con le solite ombre: la "pigrizia tottiana" invocata da Franco Baldini nella prima intervista dopo il ritorno.