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Dalle forbici per Manfredonia fino alle carezze a Totti e De Rossi: ciao Giorgio, memoria di Roma nostra

LaPresse

Un po’ massaggiatore, un po’ psicologo: con la morte di Rossi scompare una delle grandi memorie storiche della società e di tutta la città

Roberta Moli

I ricordi, quelli veri, non li troverete in questo articolo. Non c’è giocatore della Roma che, dal 1957 al 2012, non abbia vissuto qualcosa di intimo e personale con Giorgio Rossi. Massaggiatore, figlio di infermieri e di una Roma popolare che non c’è più, Giorgio porta con sé, ovunque lui sia, i segreti di mezzo secolo di storia giallorossa. Si prendeva cura dei muscoli dei giocatori, ma poi andava a comprare fiori per le mogli e anche per qualche amante; andava in farmacia a comprare la tachipirina per i figli di quel dirigente che era impegnato col mercato; faceva da paciere tra il giocatore più vivace (vero, Cassano?) e gli allenatori; asciugava le lacrime di chi si infortunava o di chi doveva lasciare la Roma contro la sua volontà, magari per questioni di bilancio.

ANIMA GIALLOROSSA - Nato a due passi dal Colosseo, dipendente della Roma dal 1957 al 2012, salutato da uno striscione della Sud al momento della pensione (“lode a te, Giorgio Rossi”), viveva al Tuscolano, dove era una sorta di istituzione. Lo incontravi, fino a che poteva, a Cinecittà Due, e nei bar del centro commerciale i tifosi gli volevano sempre offrire qualcosa. Per ringraziarlo della sua fedeltà, merce sempre più rara. Ha vissuto la seconda guerra Mondiale, i tedeschi non lo hanno portato via per un soffio, per questo riusciva sempre a sdrammatizzare quando il calcio diventava troppo serio.

MANI D’ORO - I giocatori amavano farsi massaggiare da lui, un po’ massaggiatore è un po’ psicologo. Salvò la vita a Manfredonia aprendogli la bocca con le forbici, disse no ad Ancelotti che lo voleva al Milan, piegava i calzini che trovava in giro tutti nello stesso modo (tranne a Di Bartolomei, che faceva da sé), Totti lo accarezzava quando era un biondino del settore giovanile e lo trattava come un nonno, De Rossi se lo abbracciava nel periodo più difficile, per Viola e Sensi era uno di famiglia, per i dipendenti di Trigoria è stato il simbolo. Se ne è andato oggi, che la Roma gioca a Bologna. I suoi, di ricordi, se li porterà dietro: inevitabile, riservato com’era. I nostri, e quelli di tutti i romanisti, gli faranno semplicemente compagnia.

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