Ormai il grido di allarme è diffuso, c’è il rischio di un crollo. E allora ecco le due espressioni chiave. Da una parte la sostenibilità, dall’altra una possibile soluzione che si chiama salary cap. Un’espressione che è anche un’assunzione di responsabilità. Soprattutto da parte dei calciatori, ma non solo. Una cosa è la Nba, un’altra la Liga. Nel primo caso si parla di un sistema ormai consolidato, con l’obiettivo non tanto del contenimento dei costi, quanto della parità competitiva delle diverse franchigie. Ogni sconfinamento, ha un costo, la famosa luxury tax, che ogni squadra è costretta a sottoscrivere.
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Tetto agli stipendi o il calcio crolla: idea salary cap per contenere i costi
In Nba il limite favorisce la parità competitiva, in Spagna ingaggi legati ai bilanci: è la strada intrapresa pure dall’Uefa, la spesa per la gestione della squadra scenderà al 70% dei ricavi
Completamente diverso, invece, il quadro nel calcio spagnolo. In questo caso, è l’analisi dei bilanci dei club a produrre una soglia che viene fissata dalla stessa Liga e che non si può superare. In quel caso, quindi, come scrive 'La Gazzetta dello Sport', più che la parità competitiva si vuole assicurare la solidità del sistema, cioè agganciare il monte ingaggi ai ricavi, depurati peraltro dalle plusvalenze. Siamo su una strada molto simile a quella dell’Uefa, che dal 2023-2024 ha calendarizzato un giro di vite per garantire la solidità dei club che entreranno nelle coppe peraltro riformate. In una road map lunga tre anni si andrà dal 90 per cento di spesa per la gestione della squadra (rispetto ai ricavi) all’80 e poi al 70. Si tratta della riforma che manderà in pensione il vecchio fair play finanziario che dopo un inizio tuoni e fulmini ha assistito impotente alla crescita dei costi.
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