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Mourinho sa come fare: con Porto e Chelsea ha ribaltato la sfida

Mourinho sa come fare: con Porto e Chelsea ha ribaltato la sfida - immagine 1

Negli scontri diretti delle coppe europee il portoghese ha fatto grandi rimonte. E adesso tocca alla Roma

Redazione

L’impressione è che José Mourinho viva per notti così, come quella di domani sera, scrive Chiara Zucchelli su La Gazzetta dello Sport. Uno stadio pieno - d’amore e di tifosi -, la sfida in notturna, una semifinale europea in palio: non sarà Champions e neppure Europa League, non sarà Barcellona ma Bodo, eppure l’attesa è alta e la voglia di prendersi una rivincita anche. "Delle quattro partite contro di loro, in questa stagione, conta solo l’ultima", ha detto dopo l’andata. Vero, ecco perché, oltre ad affidarsi alla squadra e ad uno stadio pieno, Mourinho si affiderà anche ad un po’ (un bel po’) di esperienza: la sua. Che di rimonte, in carriera, ne ha fatte parecchie nelle singole gare e qualcuna di importante in Europa, a cominciare da quella in Coppa Uefa, stagione 2002-03, in cui ai quarti lo Special One perse l’andata contro il Panathinaikos per 1-0, ma vinse il ritorno per 2-0. E poi vinse il trofeo. Impossibile dimenticare quella del 2014: lui allenava il Chelsea, l’avversario era il Psg pieno zeppo di stelle, tra cui Ibrahimovic, e all’andata i francesi si imposero per 3-1. Erano i quarti di finale di Champions, la semifinale sembrava davvero vicina, ma a Londra il Chelsea vinse 2-0 con i gol di Schurrle e Demba Ba. Due che erano rimasti fuori dall’undici titolare. Per questo, al 90’, Mourinho, dopo una corsa che resterà tra le sue immagini più iconiche, spese parole meravigliose per i giocatori entrati dalla panchina e il loro atteggiamento. Della serie: prendere nota. L’eliminazione di Ibra e compagni era arrivata quasi dieci anni dopo quella al Barcellona, sempre con il Chelsea. Era l’anno 2005, la vigilia, tutto un programma, con Mourinho che lodava Rijkard e il suo stile di gioco ma ricordava che non aveva vinto ancora nessun trofeo. In campo le due sfide rispecchiarono il carattere degli allenatori: all’andata a Barcellona (in campo c’era anche Albertini) era finita 2-1 con l’espulsione di Drogba che aveva fatto impazzire Mourinho. Non a caso, a fine partita, Josè si era presentato davanti ai microfoni sostenendo di aver visto Rijkard entrare nello spogliatoio dell’arbitro Frisk durante l’intervallo, e collegando la cosa alla successiva espulsione di Drogba. Ipotesi smentita dalla Uefa e dallo stesso olandese. Inevitabile che, con queste premesse, il ritorno fosse una bolgia: il Chelsea andò sul 3-0, il Barça rimontò grazie alla classe di Ronaldinho e giunse sul 3-2 ma, ad un quarto d’ora dal termine, un colpo di testa di Terry regalò rimonta - e passaggio del turno - al Chelsea. Da quel momento i rapporti di Mou con il Barça non furono più gli stessi e quelli tra i due club neppure. Le rimonte sono nel suo Dna e domani sera vuole mettere se stesso, e la sua Roma, alla prova.