Tra la Serie A e la ripartenza ci sono quattro ostacoli, secondo "La Gazzetta dello Sport".
rassegna stampa
I 4 ostacoli: clausura per 15 giorni e con un solo positivo stop a tutta la squadra
Le osservazioni del comitato tecnico-scientifico: il medico sociale è responsabile per il club, esami e rischio positività
Sì ai tamponi, ma senza toglierli alla collettività.
Il punto 1 ribadisce un limite che dovrà essere tassativamente rispettato dalle squadre: "La realizzazione dei test molecolari sulle persone interessate alla ripresa degli allenamenti di squadra non deve minimamente impattare sulla disponibilità del reagentario da dedicarsi in maniera assoluta ai bisogni sanitari del Paese". In pratica, l’esame sui tamponi non dovrà sottrarre i reagenti ai bisogni della collettività.
Responsabilità dei medici durante il raduno.
"Il Cts sottolinea che, per avere efficacia, le misure di quarantena volontaria devono essere rispettate in modo stringente sotto la responsabilità del medico sociale e del medico competente". Si tratta di una indicazione sanitaria, ma il problema è anche giuridico. L’interpretazione comune va in questa direzione: la responsabilità di quanto succede è del datore di lavoro, cioè del club. Il medico sociale è responsabile per la parte che riguarda calciatori e tecnici, mentre sul resto del personale è responsabile il medico del lavoro che la società ha l’obbligo di individuare.
Ritiro chiuso ok, ma che fare quando finirà?
Il ritiro chiuso, la "bolla" del raduno permanente per proteggere il gruppo squadra dal rischio contagio, passa l’esame del Cts. Che lo apprezza: "Il proposito di mettere in quarantena (in ritiro, ndr ) non solo gli atleti, ma tutto il personale che fa parte di una squadra (medici sociali, massaggiatori, fisioterapisti, magazzinieri, cuochi, etc), può rendere la ripresa degli allenamenti di gruppo medicalmente coerente con le indicazioni già fornite da questo Cts in merito alle misure per il contenimento epidemico". Il problema è che questo ritiro potrà durare al massimo 15 giorni. Andare oltre, lo hanno sottolineato i calciatori ma le altre componenti si sono dichiarate d’accordo, sarebbe difficile sotto il profilo psicologico.
Se c'è un positivo, quarantena per tutto il gruppo.
È il punto su cui si è discusso a lungo e sul quale gli scienziati del Cts hanno chiesto una riscrittura del protocollo della Figc. Che non prevedeva le due settimane di stop in caso di "positività in corsa". Il punto 5 del Cts sottolinea: "Qualora, durante il periodo di quarantena volontaria, anche un solo membro dell’equipe risulti positivo al test molecolare per SARS-Cov-2, tutti gli altri componenti del gruppo dovranno da quel momento, per ovvie ragioni di prevenzione della diffusione epidemica, non avere contatti con qualsiasi altro soggetto esterno per 14 giorni". Rispetto alla norma originaria scritta dalla commissione medica della Federcalcio, va bene procedere con l’isolamento del soggetto positivo, va bene ripristinare il distanziamento degli allenamenti, ma non basteranno i 5-7 giorni per il doppio tampone e i test sierologici. Ci si potrà continuare ad allenare, ma per due settimane niente uscite. Che nella fase successiva, vorrebbe dire: niente partite. Il problema più grande. Perché significherebbe interrompere il campionato.
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