rassegna stampa

Glazer, Singer fino a Commisso: Usa nel pallone

Nel 2005 lo United diventa il primo club europeo nelle mani degli statunitensi Poi arrivano in Italia, Svezia e a Maiorca

Redazione

In principio fu Malcolm Glazer. Quinto di 7 fratelli di una famiglia ebraica arrivata dalla Lituania, il 16 maggio 2005, a 76 anni, concluse l’acquisto del Manchester United, uno dei club più noti e più ricchi al mondo. E avviò così lo sbarco degli statunitensi nel grande calcio con un nuovo modello di business: manageriale, oculato, finalizzato al profitto prima di tutto. Come riporta La Gazzetta dello Sport, i Glazer presero i Red Davils sborsando solo 400 milioni di euro su una valutazione da 1,2 miliardi; i restanti 800 mln sono caricati come debito sullo stesso club, in pratica lo pagano un terzo e con gli attivi successivi dello United, spalmati negli anni, ripagano le rate dei debiti. A molti fan non piacque il tutto. Tanto che un gruppo di tifosi duri e puri fondò per reazione il F.C. United. Oggi Joel e Avram Glazer (patrimonio familiare di 5 miliardi di euro, fonte Forbes) gestiscono un club dal fatturato sui 700 milioni di euro e dal valore stimato di circa 3 miliardi; 14 anni fa valeva 1,1 miliardi. Ecco l’affare.

Silent Stan, il silenzioso Stan Kroenke invece nel 2018 ha completato l’acquisizione dell’Arsenal dal socio russo Usmanov, un affare avviato già dal 2008; nel 2011 aveva il 63% delle azioni del club. I soldi, Stan, li ha fatti grazie alla moglie Ann Walton, erede della Walmart, la più grande catena al mondo di negozi al dettaglio; ora possiede 8,6 miliardi di euro ed è il 167° uomo più ricco al mondo. L’Arsenal invece ha un fatturato sui 450 mln di euro e un valore di 2,5 miliardi.

Anche i campioni d’Europa e del mondo sono made in Usa. Il presidente del Liverpool John W. Henry, 70 anni, vanta un patrimonio di quasi 3 miliardi di euro.  Col suo Fenway Sports Group dall’ottobre 2010 possiede i Reds pagati sui 350 mln di euro e rilevati da un duo di americani, Gillett e Hicks, proprietari per 3 anni ma pieni di debiti. Perché non sempre l’affare nel football riesce. In Premier hanno investito altri americani, ma con quote di minoranza. Come la PEAK6 Investments, al 25% nel Bournemouth; o il Crystal Palace con Josh Harris e David Blitzer, ognuno col 18% del club; o Albert Smith e il suo 10% del West Ham, o l’Aston Villa con Wesley Edens co-proprietario.

In Italia invece, nell’estate 2011 arrivano Thomas DiBenedetto, salernitano di Boston, e i suoi soci, fra cui James Pallotta che gli subentra alla guida della Roma l’anno dopo. Allora il club vale circa 110 mln di euro (70 versati dagli Usa), oggi 5 volte di più. Nell’estate 2018 pure il Milan è passato al fondo Elliott di Paul Singer per 370 milioni – i debiti del cinese per il prestito con gli americani-; il 75enne newyorchese è abile nell’acquisizione di imprese e debiti sovrani, cioè di Stati alla ricerca di finanziamenti. E quest’estate ecco Rocco Commisso alla guida della Fiorentina che fu dei Della Valle per 170 mln, il ragazzo di Calabria che ha fatto successo con le tv via cavo. In Italia ci sono anche Joe Tacopina, in B col Venezia rilevato dal fallimento nel 2015 e prima con DiBenedetto alla Roma e con Joey Saputo al Bologna.  Passando alla Francia, il Marsiglia, oggi guidato in panchina da Villas-Boas, è stato acquistato da Frank McCourt nel 2016, dalla vedova russa di Louis-Dreyfus per 45 milioni di euro.