"Sento un po’ troppo parlare di Shakhtar". E allora Eusebio Di Francesco prova a sintonizzare la Roma sul canale giusto. La password del Wi-Fi è Torino, per l’Ucraina c’è tempo ancora quattro giorni, 96 ore, abbastanza per evitare di ripetere un errore grande così. Era il 20 dicembre, il Torino espugnava l’Olimpico eliminando Di Francesco dalla Coppa Italia e mandando in analisi la Roma. Le sedute non sono ancora finite, da queste parti si passa con facilità dall’orribile prestazione contro il Milan a quella eccellente per compattezza e continuità contro il Napoli. Non ci sono più certezze, neppure quella regola del turnover che aveva spinto, quel 20 dicembre, ad autorizzare una formazione rivoluzionata per 10/11 rispetto alla partita precedente. "La responsabilità di quella sconfitta è solo mia – dice oggi il tecnico –. Cambiai troppo, mi sono pentito di una scelta che non avvantaggiò i miei calciatori, anche se poi la gara fu fatta bene. Stavolta ci saranno sì cambiamenti, ma in misura inferiore". E infatti dovrebbero essere solo tre: Schick, El Shaarawy e Juan Jesus per Dzeko, Perotti e Fazio. Per la Roma è diventato un peso giocare all’Olimpico, lo dimostrano le cinque sconfitte in casa in campionato (sei stagionali): peggio, nella storia giallorossa, è andata solo nel 1946-47 (sei k.o.) e nel 1947-48 (otto). "Dobbiamo cercare di cambiare rotta – dice Di Francesco –, dobbiamo sfatare il tabù Olimpico, per noi a livello mentale è diventata una preoccupazione giocare le partite in casa. Le risposte giuste sono nella nostra testa, servono la stessa cattiveria e compattezza mostrate a Napoli". Pare facile, non lo è. Di fronte c’è Mazzarri, che sarà pure un amico di Di Francesco – i due sono stati compagni di squadra a Empoli, trent’anni fa – ma riporta alla mente due sconfitte subite dal tecnico abruzzese sulla panchina del Sassuolo, entrambe per 7-0: "Nell’ultimo periodo ci è mancata la continuità – ancora Eusebio –, Napoli dev’essere un punto di partenza. Io non mi accontento, perché non sono contento. Il calcio che piace a me, ovvero la capacità di stare dentro la metà campo avversaria, s’è visto poche volte nelle grandi partite. Non siamo ancora arrivati al risultato che vorrei vedere". Intanto oggi torna titolare Schick: "È l’unico attaccante che mi è rimasto... Ma è cresciuto tantissimo, a livello fisico e mentale. In allenamento fa più corse di quelle che realmente gli chiedo, si sta adattando alla Roma". Presto che è tardi, però.
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Di Francesco: “Ci pesa giocare a casa nostra. Ora vinciamo”
Peggio solo negli Anni 40: "Farò pochi cambi, non penso all’Europa"
(D. Stoppini)
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