Come un ciclone, pronto a spazzare via qualsiasi cosa gli si piazzi davanti, scrive Andrea Pugliese su La Gazzetta dello Sport. Ad iniziare proprio da quei 119 gol di Edin Dzeko e quei sei anni del centravanti bosniaco in giallorosso. Un’eredità pesante per Tammy Abraham, una responsabilità che potrebbe anche essere un peso difficile da gestire. "Gioco con la maglia numero 9, quella che è stata a lungo di Edin – dice il centravanti giallorosso – Tanto di cappello per quanto ha fatto lui con la Roma, sono cresciuto guardandolo in tv, adesso toccherà a me colmare questo vuoto. Prendere il suo posto è una responsabilità, è vero. Ma io ho sempre creduto in me stesso". Insomma, Tammy non ha paura davvero di niente e di nessuno. E lo ha fatto intuire anche nelle sue prime uscite in giallorosso, le vittorie colte all’Olimpico contro Fiorentina e Trabzonspor. Nella prima Abraham è sceso in campo senza quasi conoscere i suoi compagni di squadra, nella seconda ha difeso e lottato, «menando» anche un po’ e andando a difendere un compagno (nello specifico Zaniolo, subito dopo la trattenuta di Siopis a metà campo) come se fosse un suo fratello da anni e non un calciatore conosciuto neanche dieci giorni fa. È anche per questo che è entrato subito nel cuore della gente giallorossa, che ama questo tipo di calciatori, quelli in grado di lasciare tutto quello che hanno sul campo di gioco. "Sono arrivato non solo per fare gol, ma anche per vincere dei trofei e spero di riuscirci già quest’anno – dice Tammy – Quando arrivo da qualche parte mi piace giocare con il cuore, sudare e lasciare il sangue sulla maglia. Mi piace cercare di lasciare subito il segno e spero di esserci riuscito".
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