È a un passo dalla chiusura l’indagine della Procura di Roma sulla vendita del terreno dove prima sorgeva l’ippodromo Tor di Valle e dove ora verrà costruito lo stadio dell’As Roma. A breve dovrebbe essere notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (che anticipa la richiesta di rinvio a giudizio) agli amministratori di Sais spa, la società che nell’aprile del 2012 ha ceduto l’area a Eurnova srl, del gruppo Parnasi, al prezzo di 42 milioni di euro. Sono cinque le persone indagate per bancarotta fraudolenta e distrattiva. Nei mesi scorsi il pm ha sentito il noto costruttore romano Luca Parnasi (che non è indagato) nella sua veste di amministratore unico di Eurnova srl. Con il contratto definitivo di vendita, firmato il 25 giugno 2013 , è stato fissato l'ammontare delle rate per il pagamento di una prima tranche da 21 milioni. Secondo quanto pattuito davanti al notaio Mazza, il prezzo integrativo di 21 milioni scatterà "solo nel caso in cui venga stipulata una Convenzione urbanistica che autorizzi la realizzazione sull'area in oggetto di un progetto di sviluppo come presentato dalla società Eurnova". Il progetto di costruire lo stadio della Roma è stato presentato lo scorso 17 giugno al sindaco Ignazio Marino. Ma, affinché il Comune rilasci la Convenzione urbanistica, serve l'ok della Regione Lazio, che proprio nelle settimane scorse ha chiesto a Eurnova ulteriore documentazione sul progetto.
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L’indagine sul terreno a un passo dalla chiusura
A breve dovrebbe essere notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari agli amministratori di Sais spa, la società che nell’aprile del 2012 ha ceduto l’area a Eurnova srl, del gruppo Parnasi, al prezzo di 42 milioni di euro
L'indagine della Procura è scattata quando, un anno dopo la firma del contratto, il 22 maggio 2014, il Tribunale di Roma ha dichiarato il fallimento di Sais, «società non patrimonializzata e sostanzialmente inattiva vantando esclusivamente - si legge nella sentenza - un credito per la vendita dell'ippodromo di Tor di Valle». L’ipotesi al vaglio dalla Procura è che alcuni membri della famiglia Papalia, amministratori della Sais, abbiano realizzato una distrazione di beni, per sfuggire ai creditori, lasciando dietro di sé i «cadaveri» di una società portata al fallimento. Il «pezzo da novanta», da mettere al sicuro in una «scatola societaria» scevra dai debiti, sarebbe stato proprio l’area dove far sorgere l'impianto giallorosso.
(V. Di Corrado)
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