La polemica continua. Mentre il mondo laziale prova a rafforzare la tesi che vuole i biancocelesti aventi pieno diritto allo scudetto del 1915 ex-aequo col Genoa, l’avvocato Mario Stagliano, ex vice-capo dell’ufficio indagini Figc, ribatte punto su punto. Lette le ultime carte pubblicate da Il Tempo, la sua posizione non cambia di una virgola.
rassegna stampa
L’avvocato Stagliano: “Scudetto alla Lazio? Le carte dicono altro”
I biancocelesti vogliono avere pieno diritto allo scudetto del 1915 ex-aequo col Genoa
Avvocato Stagliano, lo ammetta, questa volta deve essersene fatto una ragione…
«Immaginosi riferisca all’articolo apparso domenica mattina, a firma di un suo prestigioso collega che, a differenza mia, non è affetto da quella terribile malattia rappresentata dal tifo. L’ho letto più volte, visto che in diversi punti si rivolgeva proprio alla mia umile persona. Alla fine sono arrivato alla conclusione che quella mia lettera ha veramente colto nel segno. Un sasso lanciato in uno stagno che ha fatto venire alla luce verità scomode».
Intende dire che i nuovi documenti trovati non l’hanno finalmente convinta della bontà della tesi fatta propria anche dalla Commissione dei Saggi?
«L’esatto contrario, continuano a fare degli autogol clamorosi. Resto veramente basito nell’apprendere che un ritaglio di giornale dell’epoca avrebbe più valore rispetto al Bollettino Ufficiale della FIGC. Il comunicato che, unici in Italia, avete pubblicato dice in maniera inequivocabile che la F.I.G.C. “delibera di annullare semplicemente la partita del 18 aprile tra Internazionale e Naples mandando alla C.T. di fissare nuova data”. Come ho già documentato, la gara venne recuperata il 16 maggio 1915 e venne vinta dall’Internazionale Napoli per 3 a 1, con conseguente diritto a disputare la finale centro-meridionale con la Lazio, “in partita e contro-partita” come stabiliva l’art. 15 del regolamento del campionato. Come noto la vincente avrebbe poi disputato la finale con la vincente del girone Settentrionale».
Scusi Avvocato, i giornali parrebbero dire altro…
«Guardi, per assurdo la voglio seguire su questo ragionamento, anche se da uomo avvezzo a frequentare le aule di giustizia, privilegiare una notizia di stampa rispetto al bollettino ufficiale mi è difficile. Cosa dice l’articolo del “Roma” di Napoli di una imprecisata data di maggio? Che le gare tra Internazionale e Naples si sarebbero dovute disputare entrambe. Una, come detto, si è certamente disputata il 16 maggio, l’altra, privilegiando l’articolo, non si poté disputare, al pari dell’ultima giornata del campionato settentrionale e di tutte le finali, a causa della Mobilitazione Generale, seguita dall’entrata in guerra. Anche volendo dare credito a questa impostazione, la Lazio non si poteva e non si può ritenere campione del Centro-Meridione, come affermato nella memoria dei ricorrenti e recepito dai Saggi, perché avrebbe dovuto disputare la finale. Su quali basi di logica, di diritto o di consuetudine si può affermare il contrario? Ho sentito e letto di tutto. “Matricola diversa“, quando nel 1915 la matricola non esisteva. “Divieto di doppio giudicato“, quando si parla di un provvedimento amministrativo. “Diritti acquisiti“, come se un titolo, una carica o un riconoscimento non fossero comunque revocabili. Di “fatti nuovi”, quasi che in quegli anni i dirigenti non sapessero leggere un comunicato o un articolo di giornale».
Cosa risponde a chi l’accusa di nutrire rancore perché a suo tempo è stato cacciato dalla Giustizia Sportiva Federale, forse per decisione del presidente Lotito?
«Ho letto qualcosa del genere in un articolo del quale sono stato portato a conoscenza ed inizialmente ho pensato di rivolgermi alla Giustizia Penale per ottenere soddisfazione. Poi, però, ho pensato in Tribunale dovrebbero finire solo le cose serie ed ho sorvolato, affidandomi al giudizio della mia coscienza. Sappia, comunque, che io sono una di quelle cento persone, non credo ce ne siano di più in Italia, che si sono dimesse abbandonando la poltrona. Quando il 19maggio del 2006 mi dimisi da Vice Capo dell’Ufficio Indagini della Federcalcio, per solidarietà con il mio capo di allora, il Generale Italo Pappa, era appena scoppiata Calciopoli ed il mio nome figurava in un’intercettazione, si vada a leggere pagina 137 del libro nero del calcio italiano, tra i nemici giurati di Luciano Moggi, a differenza di tanti che oggi pontificano e si sono rifatti una verginità posticcia. In quei giorni il Presidente Lotito aveva altri problemi. Nessuno mi ha cacciato e chi lo afferma sa di dire il falso».
Non vorrà negare di essere romanista?
«Assolutamente no. Ma lo ero anche nel 2006 quando intervenivo quasi quotidianamente nelle trasmissioni dei conduttori laziali. In quell’epoca la mia fede calcistica non contava, forse perché ero l’unico ad affermare chela Lazio, al massimo, avrebbe avuto qualche punto di penalizzazione, mentre tutti i suoi colleghi parlavano di probabile retrocessione».
Non sarebbe opportuno fare un confronto tra lei e l’avvocato Mignogna su questo argomento dello scudetto di 102 anni fa?
«Questo non lo deve chiedere a me. Credo che il Collega non mi ritenga degno di interloquire con lui su questo argomento se è vero, come è vero, che ha rifiutato il confronto con me sia sabato 25 marzo, su una radio romanista, sia giovedì 6 aprile, stavolta su radio RAI. Da parte mia, lo scriva pure, io sono disposto a confrontarmi con chiunque, su questo argomento, intervenendo, in rigido ordine alfabetico, da Guido De Angelis, Ilario Di Giovanbattista, Gianluca La Penna, Michele Plastino, Francesca Turco o da chiunque altro».
(A.Austini)
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