rassegna stampa

A tutto Zeman

(Il Messaggero – M.Ferretti) È arrivato il momento di chiudere gli ombrelloni, indossare una t-shirt e un paio di bermuda e volare all’Olimpico,

Redazione

(Il Messaggero - M.Ferretti) È arrivato il momento di chiudere gli ombrelloni, indossare una t-shirt e un paio di bermuda e volare all’Olimpico, magari con una sciarpa gialla e rossa avvolta intorno al collo o stretta in vita. C’è il campionato, stasera. C’è la Roma.

C’è Zdenek Zeman, il maestro boemo che dopo tredici anni abbondanti torna ufficialmente sulla panchina della Roma. Era il 16 maggio del 1999 (Roma-Cagliari) quando Zdenek guidò per l’ultima volta la Roma in campionato alle pendici di Monte Mario: stasera (si) ricomincia contro il Catania e le premesse sono da brividi. Voglia di Roma, voglia di vittoria: oltre cinquantamila tifosi allo stadio, attesa elettrica, speranze rinnovate e fiducia ritrovata. In alto i cuori e fuori la voce, verrebbe da urlare. Tutto o quasi merito di Zeman, che ha restituito ad una tifoseria un po’ depressa, e anche parecchio demoralizzata dopo l’annataccia targata Luis Enrique, nuovo vigore e grande dignità. E una squadra ambiziosa e dalle possibilità ancora indefinite.

La scelta di riportare il boemo alla Roma è stata immediatamente accompagnata dal consenso popolare, la gente si è (ri)compattata attorno a lui, gli ha dato subito fiducia, l’ha fatto sentire di nuovo a casa e ha accettato le sue scelte. Effetto Zeman, no? Al resto ci hanno pensato i giocatori che, con estrema professionalità, l’hanno seguito a testa bassa anche sui gradoni: nel giro di poche settimane è così nata la seconda Roma del boemo, nove vittorie in altrettante partite di avvicinamento al campionato. Sono dati che non contano fino ad un certo punto.

Del resto, se la Roma avesse perso nove gare su nove, avrebbero avuto un significato? E, allora, perché non devono averlo in positivo? Senza esagerare, però. Perché la Roma è ancora una squadra in costruzione, ma quello che si è costruito finora è sicuramente apprezzabile. La Roma ha già un’anima zemaniana, anche se non tutti hanno ancora capito movimenti e posizioni, anche se c’è la possibilità (dovere) di migliorare in ogni reparto. Questione di automatismi, soprattutto. Perché la Roma gioca come vuole il boemo soltanto a sprazzi e, soprattutto, lo fa ancora con eccessiva macchinosità. L’idea di gioco c’è, però; e ci sono anche le gambe per supportare una manovra che per essere davvero efficace ha bisogno di viaggiare a ritmi assai elevati.

La gente della Roma si fida di Zeman. E anche i giocatori si fidano del boemo. Si è creato un feeling (allenatore-squadra-tifosi) che non può, non deve essere sprecato. Ecco perché sarà importante partire bene, battere il Catania e continuare a guardare al futuro con il sorriso sulle labbra. «Vogliamo divertire la nostra gente», il verbo di Zdenek. E vincendo ci si diverte di più.

Impegno facile? Macché. Il Catania affidato all’esordiente Rolando Maran non ha cambiato uomini e sistema di gioco rispetto ai tempi di Vincenzo Montella e, dunque, si annuncia come squadra collaudata, forse più della rinnovatissima Roma. Stekelenburg dovrebbe vincere il ballottaggio con Lobont e Lamela quello con Lopez: per il resto, posti fissi in difesa, con Piris, Burdisso, Castan e Balzaretti, e a centrocampo, con Bradley e Pjanic ai lati di De Rossi. Davanti certi del posto sono Osvaldo e Totti, che riparte alla caccia di Altafini a quota 216 reti nella massima serie. Venti i convocati da ieri sera in ritiro a Trigoria e quindi altrettanti, e non 23, saranno gli uomini nella lista di gara: tra i non convocati Perrotta e Borriello, vecchia guardia di una Roma che non c’è più.