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Totti non si diverte, ecco perchè

«Non mi diverto più come prima» . E’ un allarme significativo, non tanto per lui e per la Roma, quanto per l’intero movimento calcistico italiano

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Offuscata dalla battuta sull’astinenza da gelato, è passata quasi inosservata la riflessione più importante della prima intervista stagionale di Francesco Totti: «Non mi diverto più come prima» . E’ un allarme significativo, non tanto per lui e per la Roma, quanto per l’intero movimento calcistico italiano, già ferito dai playoff di Champions League che hanno rimarcato le differenze: Spagna, Inghilterra e Germania portano quattro squadre alla fase a gironi, noi soltanto due, come riporta l'edizione odierna del Corriere dello Sport.

FASTIDIO. Totti specifica che il suo non è un problema di passione per il calcio, né di attaccamento alla maglia che indossa, a prova di ogni malessere anche alla soglia dei 38 anni. Nonostante un «gioco più fisico e meno tecnico rispetto a quando ero giovane» non farà mai mancare il suo contributo di attenzione e volontà. Totti lamenta tra le righe un’insofferenza verso la perdita di purezza del gioco, soffocato dalle tensioni e dalle pressioni dello show-business. E’ come se non si riconoscesse più nel mondo dei campioni creati al computer e delle tournée promozionali, della paura di sbagliare che condiziona l’istinto e annienta la personalità, omologando i calciatori come soldatini del pallone. All’inizio della sua storia di professionista, Totti è stato abituato a lavorare con gente come Mazzone e Zeman. Allenatori che oggi possono apparire superati ma che valorizzavano la cultura della semplicità, la vittoria del sentimento. Oggi è questo che manca al fuoriclasse maturo, felice di incassare elogi e stipendi da stella ma anche un po’ nostalgico del godimento fine a se stesso.

ASCOLTARE. Totti non parla mai a caso. Testimone diretto di 23 stagioni di calcio italiano, oltre un quarto del totale, lascerà un’eredità molto difficile: l’Italia dovrà trovare un altro calciatore capace di abbinare talento, longevità e continuità di rendimento allo stesso livello. La speranza è che sia proprio Totti a mettersi a disposizione della comunità, come ha sempre fatto in campo e fuori. «Forse un giorno insegnerò calcio ai bambini» ha detto più volte. Magari è questa la strada per salvare la grazia della tecnica, sempre più rara e ignorata, dall’invasiva prepotenza dei muscoli e del denaro.