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rassegna stampa roma

Stadio, sette anni buttati e il sapore amaro di un inganno

Dietro il falimento del progetto di Pallotta c'è la gestione Raggi

Redazione

Nella battuta con cui l’ex capitano della Roma Daniele De Rossi ha chiosato il de profundis allo stadio di Tor di Valle – "siamo rimasti con il plastico" – c’è una sintesi felice e fulminante dello spirito ancestrale di questa città e della sua maledizione. Che la sua sindaca, Virginia Raggi, continua, in un mix di ostinazione e ottundimento, a ignorare, scrive Carlo Bonini su La Repubblica.

Roma, i romani, i romanisti, sono stati “cojonati”, presi per i fondelli. E non perché non fosse legittimo ritenere (e decidere di conseguenza) che il progetto di James Pallotta di maxi cubature in un’ansa golenale del Tevere fosse il più sbagliato. Ma perché avere il coraggio di dirlo in un tempo necessario a non gettare via 7 anni (consentendo magari di individuare cinque anni fa un’area diversa che ora, con scarso senso del pudore, si dice “pronti” a “valutare”) avrebbe nobilitato il primato della politica, la sua capacità di progetto, e non ricordato, per l’ennesima volta, a chiunque voglia investire anche solo un euro in questa città, che è meglio girare al largo.

Ora, “cojonare” una città non è mai una buona idea. E Virginia Raggi, se solo vogliamo restare nel perimetro delle infrastrutture e dell’indotto sportivo, lo ha fatto con il “no” alle Olimpiadi, con l’abbandono di centri come il Pala Tiziano, lo stadio Flaminio. Per non parlare dei cinque milioni stanziati dal governo e non utilizzati per il palazzetto dello sport a Corviale. E non è una buona idea, perché la trasandatezza di questa città, la sua indolenza, spesso confuse a torto per tabe antropologica, sono, né più e né meno, che la traccia del modo antico con cui Roma si difende dalle sue sciagure, elabora il lutto di chi non la prende sul serio prendendosi troppo sul serio. Per questo, se oggi non sappiamo se Roma avrà mai un nuovo stadio, sappiamo però che Roma non dimenticherà questi cinque anni di Virginia Raggi.