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La Repubblica

Finalmente capitan presente, nell’Olimpico orfano di Mou è nata la Roma di De Rossi

Finalmente capitan presente, nell’Olimpico orfano di Mou è nata la Roma di De Rossi - immagine 1
L'esordio in panchina bagnato dal successo. I gesti, le emozioni, le parole del neo tecnico "Mi godo questo dono". Dopo i fischi ai giocatori arrivano gli applausi
Redazione

Quanto è strano questo futuro che arriva addosso tutto insieme come il vento freddo da est, l'insolito grecale dentro un pomeriggio bislacco, scrive Maurizio Crosetti su Repubblica. Un futuro così pieno di ieri. L'uomo con le mani in tasca e la giacca scura se lo lascia sbattere in faccia, ha capito di dover essere finalmente un Capitan Presente, domani non c'è mai stato, ieri non c'è più anche se riempie tutto, troppo. Daniele De Rossi ha questo destino. Prima di lui, Totti. Prima di lui, Mourinho. Ora vorrebbe prendersi una cosa soltanto sua, una stanza tutta per sé. E la famosa seconda carriera che, da calciatore, Daniele si rammaricava di non poter dare alla sua Roma. Eccola, invece. La vita ha sempre più fantasia di noi. Tornò, ricomincio, lo amarono, vinse. Il futuro di De Rossi è un passato remoto dentro un domani lontanissimo. Due a uno al Verona, bel primo tempo svelto e nuovo, secondo tempo più timoroso e lento. Lo stadio fischia i giocatori (non tutti, quasi), canta il nome di Mou. Il primo tempo scivola quasi tutto così, un omaggio, un canto antico, un commiato triste. Poi si comincia a cantare per De Rossi, il quale alla fine correrà sotto la curva e farà ciao con la mano, l'identico gesto di chi arriva e di chi parte. Qui vogliono bene alla mamma e anche al papà. Presenze nella Roma di Capitan Presente: 616 più una. Ma l'uomo con le mani in tasca non è uno sciocco, sa di essere la tachipirina giallorossa, il calmante di dolori forti ma non gravi. Non vuole fare la mascotte di peluche, il portachiavi con la lupa, la calamita da mettere sul frigo. Deve essere l'allenatore e deve vincere. Il secondo debutto di Daniele è stato pieno di gesti minimi. Il composto repertorio emotivo nello sforzo di una finta disinvoltura, impossibile nel pomeriggio del grande tumulto interiore. Mica tutto facile, però. Il pullman della squadra era stato accolto dai fischi e da qualche petardo, ne erano discesi anche i Friedkin padre e figlio, di solito sull'auto blindata. Il pubblico ha trattato i calciatori con ampio disinteresse, per poi applaudirli senza esagerazioni. Ma attenzione: nel calcio cuore fa rima con risultato, non con amore, e Daniele De Rossi è il primo a saperlo. Non siede sulla panchina irrinunciabile per un Oscar alla carriera. Sarebbe il premio più triste.

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