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Fallimento Fonseca, lo salva solo il contratto. È partita da Dzeko la sfiducia all’allenatore

LaPresse

Le parole di Edin al termine della gara contro il Siviglia come in politica un voto di sfiducia al governo

Redazione

Come in Matrix, Paulo Fonseca vive una realtà parallela, scrivono Gianluca Piacentini e Luca Valdiserri sul Corriere della Sera.

È quella dove "una stagione positiva" (parole del mister a Roma Tv dopo lo 0-2 contro il Siviglia, un "torello" di 90’) è fatta di 13 sconfitte su 50 partite, dove l’obiettivo della qualificazione alla Champions è durato quattro mesi e poi è affondato, dove i big match sono stati giocati quasi tutti male e con pochissime vittorie (una contro le riserve della Juve), dove il parco giocatori è stato svalutato (Under e Kluivert), dove i rapporti con Zaniolo e con Dzeko, il campione potenziale e il giocatore più internazionale, sono tesi. Clamoroso lo sfogo del centravanti: "Ci hanno dominato in tutto e per tutto: velocità, tecnica e preparazione della gara. Non siamo mai stati in partita. Noi volevamo giocare costruendo da dietro e non era possibile, loro erano pericolosi con due passaggi. Ci dobbiamo fare tutti delle domande. Le risposte? C’è gente che deve pensare a queste cose, io sono qui per giocare".

In politica sarebbe un voto di sfiducia al governo. Queste parole vengono dal capitano della squadra e dal calciatore più pagato (7 milioni netti a stagione tra fisso e facili bonus).

Fonseca, per ora, non è in discussione. Lo salvano il contratto per un’altra stagione, la speranza che un anno di apprendistato serva e il poco tempo prima del ritorno a Trigoria (27 agosto) e l’inizio del prossimo campionato (19 settembre). Friedkin si è già reso conto che la montagna di debiti e la scombinata squadra costruita da Petrachi e Fonseca rendono la situazione emergenziale. Si può fare la rivoluzione o serve un altro anno di transizione, sapendo già che potrebbe essere pessimo? Al bivio c’è la prima scelta che dovrà essere presa in fretta: un d.s. per gestire un calciomercato in cui bisogna vendere tanto e comprare poco.