Finita non è ancora finita. Ma lo stadio di Tor di Valle, dove giocherà la Roma, ottiene il primo sì ufficiale: quello della giunta comunale che ieri ha decretato il «pubblico interesse» dell’opera. Intervento da 1,2 miliardi di investimento, realizzato dal presidente giallorosso James Pallotta e dal costruttore Luca Parnasi, capienza da 52 mila posti, 60 mila nelle grandi occasioni, un «mondo» che gli cresce intorno: negozi, uffici, parco, intrattenimento, ristoranti.
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Cento giorni per il sì. La prima partita nel 2017
Secondo Marino, che si è presentato al ritorno dalle vacanze con un nuovo look, barbetta incolta definita «franceschiniana», quello di ieri è stato «un giorno memorabile».
Ma anche cubature: tre grattacieli progettati dall’architetto statunitense Daniel Liberskind, per un totale di circa 900 mila metri cubi. Progetto al quale si è arrivati dopo 97 giorni di esame, da parte del Campidoglio («un record, poi ad agosto, a Roma», dice l’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo), con una serie di limature progressive: sulle opere pubbliche da realizzare (320 milioni, alla fine), sul modo di portare la gente allo stadio (non macchine e motorini, come previsto inizialmente, ma coi mezzi pubblici), sulle infrastrutture (con la variante, imposta dalla Regione, al ponte da realizzare dalla Roma-Fiumicino sul Tevere). Secondo Marino, che si è presentato al ritorno dalle vacanze con un nuovo look, barbetta incolta definita «franceschiniana», quello di ieri è stato «un giorno memorabile». Era così entusiasta, il sindaco, da lanciarsi nella definizione di «SbloccaRoma», mettendo insieme «lo stadio, il ponte dei congressi, l’aeroporto di Fiumicino, la metro C: 4 miliardi di investimenti in dieci mesi».
Non che tutti gli angoli siano superati, anzi. La nottata, con la trattativa all’Eur, è stata molto agitata. Anche se, alla fine, gli americani hanno accettato quasi tutte le condizioni poste dai consiglieri piddini: joint venture tra Roma calcio e la società dello stadio per la partecipazione agli utili; diritto di prelazione a favore del club se alla scadenza della convenzione trentennale Pallotta volesse vendere lo stadio; decadenza dei benifici di legge qualora il vincolo venisse rotto prima, con contestuale pagamento di circa 160 milioni di contributo straordinario. C’è un’altra «postilla»: la Roma dovrebbe avere, nella società stadio, una quota di azioni. C’è chi dice l’1%, chi il 10%. Alcune di queste clausole non sono in delibera perché accordi tra privati. Ieri, in mattinata, la Roma ha inviato al Comune una lettera di intenti, nella quale il club accetta le condizioni negoziate nella notte. Ma, nonostante questo, i dirigenti giallorossi Mark Pannes e Mauro Baldissoni sono saliti nel pomeriggio al Campidoglio, marcando «a uomo» il testo della delibera che doveva andare in giunta.
Riunione che doveva iniziare alle 17, e che è slittata di due ore, fin dopo le 19. Da superare, prima, c’erano gli ultimi dubbi. Guido Improta, assessore ai Trasporti (che è andato via, ufficialmente per una visita medica, prima dell’inizio della giunta), ha posto il tema della mobilità: «Il piano non mi convince. Aspettiamo i progetti definitivi e riserviamoci di cambiare qualcosa». La preoccupazione è sullo «sfioccamento» della metro B a Magliana, con una derivazione tipo B1: serve uno studio approfondito di fattibilità, perché la linea potrebbe andare in tilt. Poi c’è la Roma-Lido: l’idea dei consiglieri Pd è inserirla con un emendamento dell’Assemblea. Anche Silvia Scozzese, responsabile del Bilancio, ha avuto obiezioni: «Non ho visto il testo della delibera, dichiarare l’interesse pubblico è una questione delicata». Marino ha tagliato corto: «Serve un segnale preciso, poi discutiamo». E, in venti minuti, il sì è arrivato. Ora tocca alla Regione che però, come dice Caudo, «non potrà intervenire sulle cubature». Se tutto va bene, via ai lavori. E prima partita nel 2017.
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