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Perotti: “Riquelme il mio idolo, ma adesso è un piacere giocare con Totti”

"Gioco a calcio da dieci anni e ogni volta che sto per scendere in campo sento quella sensazione di nervosismo e ansia che però è piacevole"

Redazione

Dai suoi primi passi nel calcio ai ricordi più preziosi della sua carriera, Diego Perotti si racconta in dieci domande pubblicate sul sito ufficiale giallorosso.

Chi era il tuo idolo da bambino?

“Quando ho cominciato a giocare Juan Roman Riquelme era il calciatore che mi piaceva di più e dal quale cercavo di imparare. Facevo il tifo per lui quando ero piccolo, giocava al Boca e da lì in poi avrebbe vinto tutto. Lo seguivo anche quando era in Europa, al Barcellona e al Villarreal, squadra con la quale è arrivato in semifinale di Champions League. È sempre stato il migliore per me”.

Prima di iniziare a giocare a calcio hai praticato altri sport?

“Sì, ho giocato a basket e ho fatto nuoto. Mi piaceva più il basket però, l’ho praticato per otto anni. A calcio gioco da quando avevo quattro anni. A dieci ho dovuto lasciare il basket perché ho iniziato ad allenarmi con il Boca tutti i giorni. Uscivo da scuola all’una e mezza, pranzavo in macchina mentre mia madre mi portava all’allenamento che durava fino oltre alle sette di sera e non potevo fare altro”.

Qual era il tuo ruolo quando hai iniziato?

“Giocavo nella stessa posizione del mio idolo Riquelme: volevo essere come lui. In Argentina questo ruolo si chiama Enganche, indica la mezza punta che agisce dietro all’attaccante”.

Cosa ricordi del tuo debutto nel calcio professionistico?

“Il mio debutto è arrivato a 18 anni con il Deportivo Moron, in Serie C. Ero molto nervoso, abbiamo pareggiato 1-1 fuori casa contro il Cambaceres. È stato un momento unico dopo tutto quello che avevo passato. Non ero riuscito ad arrivare a esordire con il Boca in Serie A ma ero comunque contento. Ero ancora giovane e alla fine sono arrivato fino a qui, ma in quel momento ero già felice”.

Qual è la partita che ricordi con più piacere?

“Quella in cui ho segnato il mio primo gol con il Siviglia. È stato contro il Deportivo La Coruna al 92° minuto. Eravamo sullo 0-0 e con quel gol siamo andati direttamente in Champions League al terzo posto. Ho segnato di testa, è stata una sensazione unica che non dimenticherò mai”.

L’avversario più forte contro cui hai giocato?

“Manuel Pablo del Deportivo La Coruna. Ogni volta che ho giocato contro di lui, anche se era nella parte finale della sua carriera, mi sono sempre trovato in difficoltà. Potevo anche dribblarlo ma lui mi tornava di nuovo addosso”.

Il compagno di squadra più forte?

“Ne potrei dire tanti. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di poter giocare con Riquelme, di allenarmi con lui, anche se ci ho giocato poco insieme per via di un infortunio. Ora è un piacere essere al fianco di Francesco Totti, il giocatore più importante della storia della Roma. Dei tempi del Siviglia direi Frederic Kanouté e Luis Fabiano, due attaccanti che trasformavano in gol ogni palla che io mettevo dentro”.

Qual è lo stadio più bello in cui hai giocato?

“Il Santiago Bernabeu: per me è il massimo. Quando entri in campo e guardi in su, sembra che non finisca mai: è pazzesco. Ci ho giocato sia con il Siviglia sia con la Roma. Anche entrare all’Old Trafford è stato bello, ma il Bernabeu è un’altra cosa”.

Qual è stata la persona che ha avuto la maggiore influenza sulla tua carriera?

“Sicuramente mia madre. Il mio inizio non è stato facile: ci sono giocatori che partono e arrivano velocemente in Serie A mentre io, per diversi motivi, ho dovuto lottare e passare dei momenti brutti. Lei è stata sempre al mio fianco, mi ha accompagnato ovunque. Si svegliava alle 7:00 del mattino per portarmi agli allenamenti. Tutta la mia famiglia mi è stata vicina, ma lei è stata il supporto più importante per la mia carriera”.

Qual è l’aspetto più bello di essere un calciatore?

“Potere entrare ogni domenica allo stadio. Gioco a calcio da dieci anni e ogni volta che sto per scendere in campo sento quella sensazione di nervosismo e ansia che però è piacevole. Se penso al giorno in cui mi ritirerò, la mia paura è quella di non poter più provare tutto questo. Quindi cero di approfittare di ogni momento. Ho lottato tanto per diventare un calciatore, è una professione che amo, abbiamo anche la fortuna di poter passare tanto tempo con la famiglia”.