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Pagano: “Avere la 10 della Roma non mi mette pressione. Ora vinciamo la Coppa Italia”

Redazione

Il talento giallorosso si racconta e punta la finale di domani con la Fiorentina: "Vorrei chiudere il ciclo con un trofeo. E tra dieci anni spero di essere ancora in giallorosso e vincere ancora"

È Riccardo Pagano l'ultimo protagonista della serie di podcast della Roma. 'Da qui in poi', il titolo dell'episodio che vede al centro il talento della Primavera giallorossa. Classe 2004, il centrocampista della scuderia di Totti, viene da una stagione comunque importante da ben 11 gol in 26 partite di campionato.

Come stai? “Bene, sia di testa che di fisico”.

È il momento clou della stagione? “In campionato sono in piena corsa per i playoff, tra pochi giorni poi abbiamo una finale di Coppa Italia”.

Come ci arrivate alla finale? “Sappiamo quali siano le nostre capacità, dobbiamo essere tranquilli e giocare il nostro calcio. Sono sicuro che andrà bene”.

Il gruppo 2004 ha già vinto. Quanto è importante averlo già fatto? “Vincere ti fa crescere ed è sempre bello, a livello Primavera, cambia tutto totalmente. Dobbiamo giocare come sappiamo, essere liberi di testa. Faremo una grande partita”.

Vincere per avvicinarsi al professionismo. “Sì, molti osservatori guarderanno il match, penso sia importante mettersi in mostra e vincere aiuterà molto”.

La Fiorentina ha vinto le ultime quattro edizioni. “Lo sappiamo, sono un po’ i re di questa competizione, noi vogliamo assolutamente vincerla”.

Quanto ti piacerebbe avere tanti tifosi allo stadio? “Sarebbe bellissimo, spero che verranno in tanti a sostenerci”.

Intravedevi già delle qualità diverse quando eri piccolo? “Ci speravo, volevo diventare un professionista. Quando ho iniziato a giocare, mi hanno messo con quelli più grandi perché quelli della mia età non c’erano. Piano piano sono arrivato alla Roma, quando mi hanno chiamato è stato unico. Ero a una partita, c’era Bruno Conti e feci tripletta. Si avvicinarono a mio padre e gli chiesero di farmi un provino. Lo feci, poi Bruno chiamò mio padre e tutto andò bene”.

Come hai giocato quella partita? “Spensierato, non sapevo ci fossero loro a vedere la partita, ero libero di testa. A fine partita non ci credevo”.

Il primo giorno a Trigoria? “Faceva molto freddo, era nata mia sorella da un mese e Bruno Conti fece entrare tutti. All’inizio ero teso, sapevo che era una grossa opportunità, ho cercato di sfruttarla al meglio”.

Sei nato a Tivoli? “Sì, facevamo tutti i giorni avanti e indietro, ora sto solo con papà a Trigoria, era tanta strada e non era facile nemmeno per loro, da quest’anno ho preso questa decisione e diciamo sono un po’ più tranquillo con il viaggio e gli orari. Speriamo che in futuro il prossimo anno possa tornare con la mia famiglia a Roma”.

Ora sei più indipendente. “Fare il calciatore ti fa crescere prima, i miei genitori hanno fatto tanti sacrifici per me, mi aspettavano 3-4 ore fuori Trigoria. Mia madre e mio padre hanno sempre vissuto insieme, ora invece vivono separati per me. Abbiamo deciso di fare questo per il mio percorso, ora siamo felici di quello che sto facendo”.

Perché hai scelto la 10? “È un po’ il sogno di tutti i bambini, ti dà responsabilità e mi piace averla. Sappiamo cosa significhi il 10 qui a Roma, ho l’opportunità e il privilegio di averlo al mio fianco ed è bello parlarne, mi dà molti consigli (Totti, ndr). Lui già ci è passato”.

Hai sentito un po’ di pressione quando l’hai scelta? “Nessuna pressione, è un numero che a me piace, è il mio preferito. Sono felice di averlo avuto in Primavera, sono felice di indossare questa maglia”.

Scudetto 2019 con l’Under 15: più emozionante la doppietta in semifinale con il Napoli o la finale con il Milan? “Direi la finale, ero anche il capitano e ho alzato quella coppa. Anche la semifinale tanta roba, la doppietta è stata qualcosa di unico”.

Sei dispiaciuto per il mancato scudetto del 2019 perché hai giocato con i grandi? “Nessun rimpianto, quell’anno ho giocato sotto età e ho migliorato molte cose su cui dovevo lavorare. La finale non è andata come volevamo, ma sono cose che accadano”.

Avete perso di testa quella partita? “Eravamo troppo sicuri di vincerla con il Genoa, purtroppo possono venir fuori queste sorprese. Abbiamo sbagliato un rigore, eravamo stati bravi a riprenderla ma poi abbiamo ripreso il gol del 2-1 che ci ha ammazzato psicologicamente”.

Ti senti un predestinato? Può pesare usare queste parole su un ragazzo? “Io ho la testa sulle spalle, sono un ragazzo umile. Leggo tutto, è impossibile non farlo ma se hai una testa sulle spalle e una famiglia che ti fa rimanere umile, sono cose che ti possono dare solo più spinte e motivazioni”.

Ora punti alla Prima Squadra. “È un sogno, devo continuare a fare la differenza in Primavera, se poi il mister lo riterrà opportuno mi chiamerà. Io ci credo, spero che la chiamata arrivi però ora devo pensare alla Primavera”.

Hai pensato di smettere in 10 anni di settore giovanile? “Ho passato momenti difficili, ma sono stato bravo a resistere nei momenti no, ti fanno crescere tanto”.

Hai rinnovato il contratto lo scorso febbraio. “Per me è un nuovo punto di partenza, era un ciclo che si chiudeva e iniziava perché adesso iniziamo a fare sul serio. Fino all’Under 18 è un tipo di settore giovanile, in Primavera è tutto diverso, sono motivato”.

Quanto è cambiato il settore giovanile in tutti questi anni? “C’è attenzione per la crescita dell’uomo prima e poi calciatore. Avevo un dirigente da piccolo e la prima cosa che mi disse era di salutare qualsiasi persona incontrassi, è la prima cosa che ti insegnano e mi viene spontaneo farlo. Ti insegnano a essere uomo e poi calciatore”.

Sei cresciuto più come uomo o come calciatore? “Direi entrambe le cose, sono cresciuto su entrambi gli aspetti”.

Il tuo piede preferito? “Il destro, ma uso bene anche il sinistro”.

Le palle inattive? “Mi alleno molto, ma il talento è nulla senza allenamento. Spesso mi alleno a tirare le punizioni, sto migliorando”.

Qual è il tuo ruolo preferito? “Il trequartista, mi rende più libero di svariare. Sono un calciatore a cui piace svariare, mi piace prendere palla e giocare sulla trequarti mi rende un po’ più libero”.

Cosa ti manca per il calcio professionistico? “Devo migliorare sulla fase difensiva, me lo dice sempre il mister. Devo diventare un giocatore completo, quello è un aspetto su cui posso migliorare. Quando il mister della Prima Squadra lo riterrà opportuno, spero mi chiami”.

Meglio un assist o un gol? “Gol, l’emozione che mi dà segnare un gol è unica”.

Hai avuto un po’ di difficoltà all’inizio in Primavera? “Ho avuto delle difficoltà, quello che chiedeva il mister cercavo di darlo al 100%”.

Cosa ti è scattato in testa? “Ho avuto forza mentale, quando non giochi devi essere forte mentalmente”.

Cosa provi nell’indossare la maglia della Roma? “Ogni volta che indossiamo la maglia della Roma sappiamo che siamo dei privilegiati, questo club è storia e dobbiamo dare tutto per vincere”.

Potrebbe essere il tuo ultimo anno nel settore giovanile. “Vorrei chiudere con un trofeo, ora sono un uomo e vorrei chiudere il ciclo vincendo qualcosa. Dobbiamo giocare per vincere, martedì possiamo vincere la Coppa Italia e dobbiamo dare tutto per vincere il campionato”.

Cos’è la Roma? “È indescrivibile, è passione. Ti trasmette qualcosa di unico, ti viene sempre la voglia di dare tutto, è passione pura”.

Tra 10 anni dove ti vedi? “Speriamo nel calcio a livello mondiale più alto possibile, magari con questa maglia e vincendo qualche trofeo con la Prima Squadra. Se non sarà qui, sarà da qualche altra parte”.