Dopo aver riaffrontato la Roma da avversario all'Olimpico sabato scorso, Stefano Okaka torna a parlare della sua esperienza in giallorosso sulle colonne di Sportweek, il settimanale de La Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole:
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Okaka: “Totti, De Rossi e Conti mi trattavano come un fratello. Spalletti mi stava per menare”
L'ex giallorosso: "Sono cresciuto a Trigoria, Bruno mi prese insieme alla mia famiglia prima che scegliessi il Milan"
"Sabato scorso abbiamo giocato contro la Roma. Ho incontrato De Rossi che mi ha visto crescere, mi ha svezzato. Alla Roma arrivai che avevo 15 anni: De Rossi, Totti, Bruno Conti mi trattarono come un fratello minore. Entrato in prima squadra, avevo l’armadietto accanto a quello di Francesco. Mi cambiavo seduto vicino al capitano, capisci? Da me si aspettavano tanto.
A Totti e gli altri davi del “lei”?
Ma no, io a Trigoria, il centro sportivo della Roma, ci sono cresciuto. Là vivevo con tutta la famiglia. Bruno Conti ci prese in blocco: non potevo trasferirmi da solo da Castiglione del Lago, dove sono nato, a Roma.
E cosa gli diedero da fare ai tuoi, a Trigoria?
Papà gestiva i ragazzi del pensionato. Mamma si occupava di pulire le camere.
Sulla scelta della Roma.
"...Due anni dopo si presenta il Milan: vieni da noi, ti vogliamo a tutti i costi. Vado a Milanello insieme a papà, sembra fatta quando arriva una telefonata. È Bruno Conti: “Prima di firmare con loro, vieni a vedere Trigoria. Appena misi piede a Trigoria, dissi: “Vengo qua”. Decisi d’istinto, sentii a pelle che quello era il posto giusto. E allora, bum, di nuovo tutti in macchina e via, da Cittadella a Roma".
E ritorniamo a Totti e compagni. Aneddoti di vita vissuta insieme a loro?
Tanti, ma quasi nessuno che si possa raccontare.
Dài, almeno uno.
Ti dico invece di quella volta che mister Spalletti voleva menarmi. Era stato lui a farmi esordire così giovane e da quel momento mi aspettavo di giocare sempre. Sai, a quell’età ti senti padrone del mondo... Insomma, contro l’Atalanta non mi mette in campo dall’inizio e io sono arrabbiato. Mi fa entrare quasi alla fine e non mi sbatto più di tanto. L’arbitro fischia, abbiamo perso, io scappo negli spogliatoi, Spalletti mi insegue: “Vieni qua, vieni quaaaa...”. Per fortuna ero stato sorteggiato all’antidoping. Mi chiudo nello stanzino e sento che urla: “Ti aspetto!”. Esco dopo due ore ma non mi salvo lo stesso: la mattina dopo, all’allenamento, scopro che mi ha multato. Un’altra volta, a 18 anni, entro a Trigoria col macchinone, un’Audi R8. Spalletti mi vede e mi fa: “La prossima volta che ti presenti con questa macchina, non giochi più”.
E tu?
Non mi sono più presentato. Ci andavo in giro per Roma. Ma adesso ho la Smart.
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