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Independence Day

LaPresse

Il compito di Friedkin non sarà solo quello di portare un trofeo, ma di far esplodere quella lava di passione che resta covata sotto il vulcano della capitale da troppi mesi

Francesco Balzani

E’ la notte dei miracoli, perché sera all’una è passata da un pezzo. Almeno in Italia, almeno su questa Roma che ribolle di voglia di vacanze e di rivalsa in un 2020 infame per tutto il mondo. Non è notte sul versante ovest degli Stati Uniti, né sul Texas. Nuovo cuore di un club che cambia proprietario dopo 10 anni di tormenti, battaglie, rimorsi e rimpianti. Ma non cambia nazione. E rifiorisce nella terra delle seconde opportunità, in quell’America lontana “dall’altra parte della luna”. E’ l’alba di una nuova era, è il giorno dell’Indipendenza con un mese esatto di ritardo. E’ il 6 agosto la data che segna il passaggio della Roma dalle mani di un James Pallotta svilito a quelle “forti” di un Dan Friedkin che non ha mai mollato. Nemmeno di fronte a una pandemia, nemmeno dopo essere stato quasi insultato. E già per questo risulta simpatico, anche se non basterà. Il suo compito più grande non sarà solo quello di portare un trofeo (voglia Iddio che possa arrivare già il 21 agosto) ma di far esplodere quella lava di passione che resta covata sotto il vulcano della capitale da troppi mesi. Di ricucire quella ferita tra la proprietà Roma e la sua gente, di cancellare il termine “azienda”, di riportare (quando si potrà) 70 mila tifosi allo stadio.

E chi se ne frega se sarà l’Olimpico oppure no. La Roma si libera di Pallotta, e forse Pallotta si libera di una Roma che non voleva più. Troppe le amarezze, le contestazioni, le perdite economiche. In questi 10 anni il famoso doppio binario che doveva portare vittorie sportive e finanziarie si è interrotto rischiando di far deragliare il treno sommerso da debiti, polemiche, paure. Ci hanno deluso questi americani di Boston, ci avevano stancato i loro leccapiedi. Quelli che volevano convincerci che cedere un campione può essere un bene, che stracciare una bandiera era fisiologico, che non vincere era in fondo giusto, che una plusvalenza vale più di una permanenza. Dan Friedkin ha mesi, anni per costruire ciò che Pallotta è riuscito a malapena a sognare. Gli varrà dato tempo, a lui sì. Ma non gli saranno dati troppi alibi. Siamo convinti che dagli errori dei “colleghi” si possa imparare, e sappiamo che intorno a Friedkin ci sono romanisti veri pronti a ridare a questo club l’amore mancato. Perché la Roma ora ha bisogno di questo, oltre che di quei 500 milioni utili per rimetterla in piedi. Stasera c’è Siviglia-Roma, c’è Zaniolo e c’è Dzeko. Facciamo subito un bel regalo di benvenuto al nostro caro Dan. Welcome. E grazie.