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Ciao Amedeo, Ottavo Re di Roma

(asroma.it) e n’è andato a 92 anni, Amedeo Amadei, lasciandoci il monumento della sua eredità. Di bandiera romanista, di tifoso giallorosso, di uomo corretto, disponibile, autentico.

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(asroma.it)e n’è andato a 92 anni, Amedeo Amadei, lasciandoci il monumento della sua eredità. Di bandiera romanista, di tifoso giallorosso, di uomo corretto, disponibile, autentico. Un’eredità che si è trasformata in un tratto distintivo dell’identità romanista.

Undici stagioni giallorosse – nove ufficiali, due trascorse giocando i tornei locali disputati in periodo di guerra – e 111 gol tra campionato e Coppa Italia con 234 presenze totali, la conquista del primo Scudetto della storia romanista e due record: entrambi tuttora imbattuti ed entrambi, ugualmente, avvicinati dal solo Gianni Rivera. Quelli di esordiente più giovane nella storia della Serie A (15 anni, 9 mesi, 7 giorni in Roma-Fiorentina 2-2 del 2 maggio 1937) e di marcatore più precoce (15 anni, 9 mesi, 14 giorni, sua l’unica rete capitolina nel Lucchese-Roma 5-1 del 9 maggio 1937). Nella stagione 1938/1939, ancora considerato un’ala, va in prestito all’Atalanta e nel campionato seguente torna a Roma iniziando a conquistare la fiducia dei tecnici giallorossi: prima Guido Ara, poi Alfred Schaffer. Nel campionato 1940/1941 il ‘Fornaretto’ diventa centravanti di razza, gioca tutte le 30 partite in calendario andando in gol 18 volte, ruolino di marcia che ricalcherà alla perfezione nella stagione successiva, quella dello Scudetto. Amadei è il terminale perfetto nell’ingranaggio di Schaffer e nella volata per il tricolore – appoggiato da Aristide Coscia e Michelangelo Pantò – rende vana la rincorsa del Torino andando a segno 9 volte nelle ultime 10 giornate. In giallorosso segna in cinque derby, di cui quattro vinti. Nella sua ultima stagione alla Roma, ‘47/’48, decide la stracittadina del girone di andata (16 novembre).

Come accade soltanto ai grandissimi, i numeri – anche se straordinari – non bastano a tracciare il ritratto di quel ragazzo che a soli 15 anni entrò in un sogno chiamato Roma, restando sempre significativamente sospeso tra due soprannomi apparentemente così lontani eppure sempre straordinariamente efficaci nel raccontare la sua figura: da “Fornaretto di Frascati” a “Ottavo Re di Roma”, con naturalezza, classe e passo svelto.

La leggenda di Amadei nasce da un provino che sostiene nel 1936 a Testaccio, dove il giovanissimo Amedeo arriva in bicicletta da Frascati sottraendosi per un giorno al lavoro quotidiano nell’antica panetteria di famiglia. Le sue doti convincono subito la Società giallorossa, che nel giro di pochi giorni gli fa recapitare una convocazione.

Fulvio Stinchelli, membro della Commissione della Hall of Fame romanista, ricorda un retroscena significativamente legato tanto alla bici quanto al pallone: “Amedeo era un caro amico al quale ero accomunato anche da particolari ricordi di famiglia. Mio zio Giuseppe Stinchelli, che proveniva dalla Fortitudo e nel 1927 fece parte della prima Commissione Tecnica della neonata AS Roma, era amico intimo di Armando Lugari, allora presidente della sezione frascatana della federazione ciclismo. Accadde che Lugari segnalò a mio zio un giovane ciclista che meritava di essere aiutato nella carriera: quel ciclista era Amedeo Amadei. Quando Lugari seppe che la Roma lo aveva già provato e preso come calciatore si imbestialì, era romanista ma temeva che si stesse sottraendo un grande talento al ciclismo”. Fortunatamente, invece, la Roma consegnò al calcio uno dei più grandi attaccanti di sempre. “Amedeo ha avuto una vita ordinata, da persona perbene con una famiglia perbene”, ha detto ancora Stinchelli. “La sua scomparsa mi ha naturalmente colpito molto”.

Dai primi passi a Campo Testaccio allo Scudetto del ’42 nel ricordo di Gianfranco Giubilo, decano della Commissione della Hall of Fame proprio nel 2012, l’anno in cui Amadei fu eletto tra le prime 11 leggende della storia romanista: “Eravamo molto amici e apprendere della sua scomparsa mi rattrista. Lo conobbi quando era giovanissimo, era amico di mio fratello Corrado, e lo vidi giocare che era ancora un ragazzino. Con Brunella, Coscia e Pantò fu uno dei quattro sempre presenti nella stagione dello Scudetto 1941/1942 e, cosa che ogni tanto ricordo, fu l’inventore della punizione ‘a foglia morta’ con qualche annetto di anticipo rispetto a Mario Corso. Ebbe questo colpo di genio nella partita che perdemmo 1-7 contro il Grande Torino. Aveva doti tecniche straordinarie, con la palla al piede non ho più visto un giocatore in grado di sviluppare quella velocità. Non gli mancava nulla, eppure – come accadeva all’epoca – la nazionale lo ignorò fino a quando la situazione finanziaria della Roma non lo costrinse a trasferirsi all’Inter. E’ stato veramente l’ottavo Re di Roma, eppure nonostante il suo amore incommensurabile per questa squadra si è sempre contraddistinto per la serenità nei giudizi. Era davvero una bella persona, un uomo corretto”.

L’amore nei confronti della Roma rimase inalterato anche dopo la sua cessione, decisa nel 1948 nel quadro dell’affare con Inter e Bari che portò Mario Tontodonati e Tommaso Maestrelli in giallorosso. Amadei apprese di dover andare a Milano mentre era in ritiro con la squadra a Sora. “Quando passai all’Inter prima e al Napoli poi – raccontava Amadei – misi immediatamente le cose in chiaro: ‘Contro la Roma non giocherò, neanche in una partita decisiva per lo Scudetto. Non potete pretendere che io pugnali mia madre’”.

Amedeo Amadei riceverà l’ultimo saluto alle ore 15 di martedì 26 novembre 2013 nella Cattedrale di San Pietro, nella sua Frascati. Dalle 10 alle 13 è prevista una camera ardente presso il palazzo comunale. Domani, intanto, la Società, la squadra ed i tifosi lo saluteranno allo Stadio Olimpico prima della partita di Serie A con il Cagliari.