rassegna stampa

Quando Del Neri portò la matematica a Trigoria

Il tecnico non è rimasto nel cuore dei tifosi della Roma ma la sua carriera è impreziosita da picchi di genialità

Redazione

Lo ha sempre sostenuto Del Neri: «Il calcio è matematica. I difensori devono essere alti». E se qualcuno gli chiedeva spiegazioni replicava: «Ma è chiaro, perché così arrivano primi sul pallone». Se scherzasse o meno non si è mai capito. Ma dietro qualche parola mangiata di troppo c'è senza dubbio un mix di imprevedibilità e genialità. D'altronde non è da tutti creare il miracolo Chievo (otto giornate capolista solitario) con i vari Corini, Corradi, Perrotta, D'Angelo e Eriberto. Per poi scoprire, nell'estate del 2002, che «Eriberto non è più Eriberto», accompagnato dalla sua inconfondibile erre moscia che fa sorridere. Ama i superlativi «Abbiamo un attacco supersonico»; «Montella è un giocatore fantastico»; «Totti è un campionissimo» e le frasi ad effetto «Con Ferronetti e Aquilani vinco due scudetti» e non ha mai avuto paura di andare contro i senatori dello spogliatoio. Al Porto, per questo, fu allontanato prima dell'esordio in campionato. Alla Roma si ricordano alcuni confronti con Panucci quando gli veniva preferito Scurto. È stato un dogmatico del 4-4-2. Durante un Milan-Roma chiese a Delvecchio di non preoccuparsi di Cafu. Dopo un primo tempo in cui il brasiliano demolì la Roma gli ordini non cambiarono. «Non ti preoccupare Marco, continua così». Per poi sostituire Delvecchio ad inizio ripresa spiegando: «L'ho tolto perché stava soffrendo troppo Cafu». Nel suo anno romano se ne andò prima di completare la stagione. «Mi dimisi a marzo quando ero sesto, mica ultimo. Commisi un errore che oggi non rifarei». Ma pretese che i suoi collaboratori venissero pagati fino a fine stagione. Alla Roma ha fatto già perdere uno scudetto nel 2010. Domenica ci riproverà. Spalletti è avvisato.

(S. Carina)