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Roma, parla Pierini: “Di Francesco un predestinato, tutto ciò che accade è merito suo”

LaPresse

Il collaboratore dell'allenatore della Roma, si racconta in un'intervista sul canale televisivo della società

Redazione

A poche ore dalla prima amichevole della nuova stagione della Roma, intervistato da Roma TV, Danilo Pierini, collaboratore di Di Francesco risponde ad alcune domande circa il suo ruolo e il suo rapporto con il mister giallorosso.

In cosa consiste il suo lavoro?

“Il mio lavoro all’interno dello staff è di facilitare ciò che il mister deve andare a svolgere. Sono pronto ad essere presente, nel sistemare i campi con paletti e conetti, per far sì che le esercitazioni avvengano nel modo giusto. Collaboro con lui per non avere tempi morti durante l'allenamento, in modo tale che tutto possa velocizzarsi”.

Il campo va sempre preparato…

"Le esercitazioni sono semplici, quando le strutturi pensi prima a cosa deve avvenire, perché non devono esserci interruzioni”.

Ha esperienza come osservatore della squadra avversaria. Quali sono le cose più importanti da dire?

“Ho iniziato in questo modo, prima andavi a vedere la partita, non c’era la possibilità di rivedere il filmato. Dovevi essere molto attento ed eseguire schemi che riassumono fase offensiva e difensiva, su un quadernino. Poi venivano riportati con Word, insieme alle figure e si presentava la redazione, in modo tale che il mister la esponesse. Allo stesso tempo si analizzavano i giocatori, per sottolinearne le caratteristiche individuale. Andando avanti col tempo è arrivata la tecnologia, vedi la partita e ti dedichi ad altro. Sui calci piazzati vedo chi resta dietro, perché a volte nei filmati televisivi non si vede. C’è stato un miglioramento, ma c’è da fare ancora molto”.

Si possono vedere i quadernini?

“No (ride, ndr). No, per me non sono segreti, quando fai queste cose hai anche il tuo modo di farle, tra me e lui c’è un modo diverso di farle. Io mi espongo in una maniera, lui in un’altra”.

In che modo la tecnologia ha cambiato questo lavoro?

“Posso dire qualcosa in più. Prima di venire a Roma, facevo anche la match analysis. Ero supportato da alcuni dati che mi arrivavano, ma non gli davamo molta importanza. Col tempo ci siamo accorti dell’importanza dei dati. Una squadra che spinge più da una parte che dall’altra può farlo in modo evidente, ma la statistica è diventata importante. Si può sapere quanto si segna in determinate situazioni, è un qualcosa che va applicato, oltre che capito. Qui alla Roma c’è Beccaccioli che è bravissimo coi big data, dà un’informazione molto importante a Eusebio. È una parte fondamentale”.

Il suo rapporto con Di Francesco nasce da tempo. Com'era come giocatore e come è cambiato il rapporto?

“Alla Val Di Sangro l’ho conosciuto come direttore sportivo. In realtà credo di essere quello che lo conosce di meno, lo trovai seduto su una panchina, dove eravamo in ritiro, in un paese sperduto nel Molise. Lui si è esonerato da solo, si era anche stufato. Già ragionava in veste diversa, dopo gli è stato tutto facile. Siamo rimasti in contatto, sono accadute delle cose, gli ho dato delle indicazioni che poi si sono rivelate positive. Ho detto che era un predestinato, questo sì. Ma il concetto è un altro. Lavora molto con la testa, tutto ciò che accade è merito suo.  Per fare l’allenatore ci vuole molta curiosità, bisogna avere qualche piccolo dubbio, bisogna essere sempre attenti e pensare che qualcosa possa non andare”.