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Roma impaurita e spenta. Impossibile immaginare un futuro qualsiasi

"Ti aspettavi una Roma ferocemente reattiva e scopri una Roma prima nervosa, poi impaurita, dunque spenta. Se questa è la Roma, impossibile immaginare un futuro qualsiasi"

Redazione

Non abbastanza deserto per meritare almeno un tombale e adeguato silenzio, l’Olimpico trova invece non si sa come e dove la forza per emettere dal suo ictus una marea di fischi. In questo momento, scrive Giancarlo Dotto su Dagospia.com,  i tifosi della Roma sono i peggiori del mondo. Discutono, stroncano, disertano. Fanno di tutto meno che amare. La squadra, oggi con l’Atalanta, ha fatto di tutto per somigliare al suo pubblico. Vuoto su vuoto, deserto su deserto e, tutti insieme, una concupiscenza dell’andare a fondo che la dice lunga su come il diabolus ci metta la coda caprina appena trova l’altare giusto. E Dio solo sa quanto Roma, la papalina Roma, sia giusta più che mai di questi tempi. Se tu ascolti la conchiglia giallorossa ti arriva il rumore del male. Guardi l’Olimpico malato di alopecia e già senti l’odore della sconfitta, capisci che non può esserci festa ma solo funerale. Fossi nei panni di chi guida la Roma non starei lì passivo ad aspettare che accada chissà cosa, mentre la coda caprina allunga il suo torciglione. Reagirei in tutti i modi possibili. Anche con il lirismo aggressivo di una storia che merita altro.

"Manderei nei tabelloni dell’Olimpico per novanta minuti le immagini della Sud festante, di quando era una comunità vera e rigurgitante, che esultava e pativa insieme alla squadra, quella del 1985, trent’anni fa esatti, una vita, quando sulla scia di un’eliminazione certa in Coppa con il Bayern di Monaco, inizia a cantare “Che sarà, sarà, comunque ti sosterremo, ovunque ti seguiremo…”. 

"Prima poche voci isolate e poi il canto di tutto lo stadio. Fino alla fine. Questo farei. Popolare la Sud reale che non c’è con la Sud virtuale che c’è e sarà per sempre. A Barcellona la Roma s’era finta morta, sperando d’essere risparmiata dal sicuro carnefice. Non calcolando che Messi e compagni maramaldi infieriscono anche sui morti. Dal fingersi morti al reinventarsi vivi il passo è lungo. Ti aspettavi una Roma ferocemente reattiva e scopri una Roma prima nervosa, poi impaurita, dunque spenta. Se questa è la Roma, impossibile immaginare un futuro qualsiasi. Tutto ciò che autorizzava ottimismo sembra dissolto. A cominciare dal Pjanic tornato a pura evanescenza, allo Dzeko spaesato e al Nainggo stremato. Aggiungi le infinite assenze, la sterminata sfiga (era fin lì il migliore in campo Digne quando libera la cazzata, okay, puntualmente punita con il massimo della pena). Ma questo è un campionato senza padroni, recupera i tifosi, veri o virtuali, reintegra i malati (Strootman su tutti, Gervinho e Salah), arrivano i nostri a gennaio (Benatia? Oro colato) e tutto può ripartire. Mazzarri? Dio mio. Detto che il Milan ha certificato a se stesso quello che era già un forte sospetto, e cioè d’aver trovato in Niang un debordante talento, completo di ogni bendidio calcistico e che Montella dovrà sudare una dozzina di camicie per rivoltare una squadra molto lontana dal suo calcio. Detto che la Lazio scassatissima da trasferta (sei sconfitte su sette) è riuscita a perdere ad Empoli una partita dominata per due terzi, complice un arbitro dal fischio sadico, due gol annullati a Klose (regolarissimo il secondo e forse anche il primo) e Pioli precipitato in un mattatoio non troppo diverso da quello di Rudi Garcia, sulle sponde dello stesso fiume. 

"Detto che la Juve ha mostrato una volta mas a Palermo l’essenza più ruvida e anche odiosa del calcio. Fai gol con Mandzukic, ancora lui, ma non era il reietto, e fine dei giochi. Non passa uno spillo, se hai Chiellucci, Barzini e Bonagli là dietro davanti a Buffon. Meglio di una cassaforte. Noia assoluta. Puoi pasticciare i nomi tutt’al più, non cambia la sostanza. Tanto, prima o poi arriva anche il secondo e il terzo, che il Palermo non fa il solletico nemmeno alle mosche. E la Roma, cicalona suicida, che continua a regalare gol. Mancini ha studiato da Juve. Golletto e difesa ferrigna. Contro il Napoli di Sarri il test giusto per misurare il suo livello di cinismo. E la fondatezza della sua ambizione.