Forzaroma.info
I migliori video scelti dal nostro canale

news as roma

Rivoluzione social per Tor di Valle: quando un post non basta a fare gol

La ribellione dei tifosi romanisti davanti allo schermo del computer non porta a nulla. Gli ultras che preferiscono la voce invece restano in silenzio, perché nessuno è sceso seriamente in piazza per loro quando Gabrielli li ha spinti fuori...

Maurizio Marchese

Un tweet velenoso, un post su Facebook minaccioso o una foto su Instagram con l’immagine del progetto stadio. E’ la rivoluzione digitale, è la ribellione social dei tifosi romanisti che in queste ore stanno inondando anche i profili del sindaco Virginia Raggi o di Beppe Grillo così come era stato per l’ex assessore all’urbanistica Berdini.

Immaginiamo la faccia dei social haters: soddisfatti, si alzano dalla sedia e mandano il link col cellulare al gruppo di amici su What’s app. Direte voi: italiani non scendono in piazza per la riduzione dei salari o dei fondi per sanità o asili, figuriamoci se lo fanno per lo stadio. Giusto, sacrosanto. Però il risveglio delle coscienze, avvenuto dopo l’ormai imminente No del Movimento 5 Stelle per il progetto stadio di Tor di Valle, è almeno a livello digitale senza precedenti. Merito della crescita social dei canali As Roma che in questi anni hanno raccolto migliaia di followers.

Ma a cosa serve? A nulla, perché il post di un tifoso resta per qualche ora sulla pagina poi viene sommerso da altri commenti, altri temi, altre storie. Soffocato non da un manganello, ma da pochi like. La colpa, infatti, è stata anche quella di aver provocato un allontanamento da coloro che preferiscono la voce, uno striscione. Dagli ultras che restano in silenzio, perché nessuno è sceso seriamente in piazza per loro quando Gabrielli li ha spinti fuori dalle Curve.

Nel frattempo al Campidoglio piuttosto che nelle strade del centro a manifestare sono tassisti, ambulanti, autisti, piloti, studenti. Manifestazioni concrete che, ovviamente censurando gli episodi di violenza, un risultato lo stanno portando. Non vuole essere questo un invito alla lotta (ci sono motivi ben più seri), ma un riflessione: twittare, linkare, postare serve davvero a qualcosa?