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L’alfa e l’omega: Alisson e Dzeko, la Roma siete voi

Il futuro dei giallorossi poggia sulle loro spalle, due fenomeni che da queste parti non si vedevano da tempo. Di Francesco sa da chi ripartire, è il momento di diventare grandi, per davvero

Valerio Salviani

L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare”. Grandi difese e attacchi efficaci, dalla battaglia in trincea a quella sul prato verde, è sempre stata questione di strategia e uomini. Uomini come Alisson e Dzeko, l’alfa e l’omega della Roma. Non propriamente l’attacco e la difesa che immaginava Sun Tzu ne “L’arte della guerra”, ma la lancia e lo scudo di Di Francesco, stratega moderno che ha restituito i sogni di gloria al popolo romanista. Sulle loro spalle è nata la nuova Roma, e insieme a loro adesso è pronta a spiccare il volo.

ALISSON – A vederlo oggi, ci si domanda come fosse possibile mandarlo in panchina nella scorsa stagione. Alisson è bello, sicuramente, e bravo, senza dubbio. Armani, che lo ha voluto come testimonial, conferma il primo punto. I numeri, e non solo, sono la prova del secondo. In stagione il brasiliano ha totalizzato ben 21 clean sheet su 48 presenze tra campionato e Champions. Sono 16 quelli in Serie A, secondo dietro a Reina e Handanovic, mentre sono 5 quelli in Champions, secondo a Karius che ne ha totalizzati 6, e alla pari di ter Stegen che ha giocato però 3 partite di meno. Sono invece 45 le parate, 10 in più del secondo, e 19 i gol fatti evitati, primo anche in questa classifica. Questi numeri a fronte di 62 tiri in porta subiti (più di tutti), un brutto dato per la Roma, ma numeri pazzeschi per lui. Secondo il CIES (l’osservatorio del calcio), il suo valore è adesso di 67 milioni. Una crescita pazzesca, permessa da una stagione indimenticabile. Sono 2.8 le parate a partita e 3 quelle ogni gol. Spieghiamoci: per segnare ad Alisson devi tirare 4 volte. Meglio di lui solo Areola del PSG, Oblak dell’Atletico Madrid, Buffon e Handanovic. Ognuno di loro però subisce meno tiri del brasiliano.

DZEKO – Per renderci conto davvero di quanto sia forte Dzeko bisogna scomodare il più forte. Paragonare il bosniaco a Batistuta non sembra più così assurdo. Non solo per i gol, che pure sono tantissimi, ma la personalità e l’importanza che ha Edin in questo gruppo che pende dalle sue labbra, va al pari di quell’alone di grandezza che il Re Leone sprigionava solo scendendo in campo. “Edin si è preso la squadra sulle spalle con una prestazione da fuoriclasse” ha detto ieri Di Francesco al termine della partita. Milan, Napoli, Barcellona (andata e ritorno), Liverpool, quando è servita la scossa ci ha pensato lui, portando punti e vittorie pesantissime. La Roma è diventata la seconda squadra della sua carriera per gol fatti, con il Wolfsburg pronto a essere superato nella prossima stagione. Quest’anno Dzeko ha partecipato attivamente a 31 gol (24 reti e 7 assist), ed è primo per tiri (secondo in campionato dopo Insigne), primo per gol di testa e primo per pali colpiti. Sempre secondo il CIES, 50 occasioni su 100 passano dai suoi piedi, 9 tiri su 10 sono i suoi. Statistiche che gli hanno permesso di diventare il primo nella storia a segnare 50 gol in 3 dei 5 maggiori campionati.

FENOMENI AGLI ESTREMI – Mai come quest’anno dall’arrivo della proprietà americana, c’è stata la sensazione che qualcosa d’importante si è finalmente messo in moto. Merito di un viaggio lungo, indirizzato da qualche scelta del destino che ha cambiato la storia romanista. Leggere alla voce Alisson Becker, lasciato un anno in cantina ad aspettare il suo momento dopo avergli promesso ponti d’oro. Da quando è sceso in campo è cambiato tutto. La Roma ha trovato un gioiello, non da sacrificare in nome del (maledetto) FFP, ma da custodire e ammirare nella sua infinita bellezza. All’estremo opposto Edin Dzeko: eroe da 40 gol nella scorsa stagione, vittima sacrificale nel mercato di gennaio in questa. Fortuna e destino poi, hanno sicuramente fatto la loro, ma al resto ci ha pensato il campo e non sarebbe potuto essere diversamente. Perché se è vero che in guerra si può vincere anche grazie ad una buona strategia, nel calcio si vince solo se in campo ci vanno i fuoriclasse e loro lo sono, senza dubbio.