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A tutto Under: “Che sogno Totti. Qui ho scoperto la solitudine. Di Francesco un grande”

Le parole del turco: "Totti mi ha detto di avere fiducia in me e che non sarei qui altrimenti. Il mister è una persona frizzante, ama raccontare barzellette. Monchi mi ha spiegato che qui si punta sui giovani"

Valerio Salviani

Colpi, rapidità e un futuro tutto da scrivere. Cengiz Under è arrivato a Roma con il peso di un popolo sulle spalle, ma con il coraggio di chi non ha paura delle nuove sfide. Il primo ad accoglierlo a Trigoria, quando nella scorsa estate è arrivato dal Basaksehir di Istanbul, è stato Francesco Totti. "Ancora quasi non ci credo. Lui è una leggenda, un'ispirazione. Avere il benvenuto di Totti a Roma nel mio primo giorno qui è difficile perfino da descrivere" ha raccontato il turco al 'Guardian', in un'intervista esclusiva.

"Non riesco a spiegare quanto fossi emozionato - ha proseguito Under -. Mi sentivo come un fan che incontra il suo idolo, lui fa quest'effetto. Gli ho chiesto se potessimo fare una foto insieme, così da poterla caricare subito su Instagram. Totti è qualcosa di diverso, rappresenta qualcosa che va oltre il calcio. Dentro e fuori dal campo è una leggenda. Il suo nome è sinonimo di Roma. E' impossibile non sentire un legame con il club, quando fai il tuo primo allenamento e vieni accolto da Totti". L'incontro con lo storico capitano è qualcosa che Cengiz ricorderà per sempre:"Più tardi è venuto il mio traduttore e mi ha detto che a Totti sarebbe piaciuto fare una chiacchierata faccia a faccia con me, una volta che mi sarei ambientato e avrei imparato l'italiano. Gli ho detto che voglio raggiungere il livello che lui ha raggiunto a Roma ed essere amato dai Totti nello stesso modo in cui è amato lui. Così lui mi ha detto di avere fiducia in me, altrimenti non sarei qui". Un'investitura non da poco, che il turco è pronto a ripagare.

Non ha esitato un secondo Underquando ha ricevuto la chiamata della Roma, ma l'ambientamento non è stato facile: "E' stato un vero e proprio shock culturale. Ci sono molti più fattori coinvolti di quelli che immaginavo. Sono andato avanti per la mia strada lasciando dietro la mia famiglia, non conoscendo nessuno e non essendo in grado di comunicare con nessuno. Non potevo parlare con nessuno. Non so spiegarti quanto fosse frustrante. Non ci avevo pensato a queste cose prima. E' stata veramente dura. Mi sono sentito solo per la prima volta, davvero solo. E' la prima volta che ho avuto a che fare con la vera solitudine".

La Roma ha fatto il massimo per farlo ambientare in fretta e Di Francesco gli ha già dato alcune occasioni per mettersi in mostra: "Vengo da un posto dove i giovani non hanno queste chance nella vita. Devo ringraziare il presidente dell'Altinordu. Sia quando era a capo del Bucaspor e poi all'Altinordu, è sempre stato uno dei pochi presidenti di club che si impegnato a scoprire talenti. Ha inviato degli scout a Sindirgi, per visionarmi, vedendo del potenziale e dandomi una possibilità. Non molti giocatori si spostano in città più grandi all'età in cui lui ha avuto fiducia in me". Poi l'arrivo al Basaksehir"Abdullah Avci ha avuto fiducia in me e mi ha dato un'occasione. Molti altri allenatori non l'avrebbero fatto, specialmente in Turchia. Basta vedere quanti giovani giocatori buttano stagioni intere".

Monchi ha giocato un ruolo fondamentale nel suo approdo in giallorosso: "Mi sono convinto dopo aver ascoltato il suo progetto. Mi ha spiegato che a Roma stavano facendo grandi cambiamenti. Mi ha detto che mi voleva come risorsa per la prima squadra e non come prospetto. Mi ha scelto per il mio valore attuale e per il potenziale futuro. Sa bene cosa dire per spiegare le cose. Mi ha mostrato nei dettagli il progetto, loro sono un club che non ha paura di far giocare i giovani, con un allenatore che ha il coraggio di dargli delle occasioni. Questo mi ha colpito".

Anche Di Francesco è stato importante nella sua scelta: "L'allenatore ha giocato il ruolo maggiore nel convincermi a venire a Roma. Sono sempre stato interessato al lato tattico del gioco. Amo quell'aspetto del calcio. E' stato difficile prendere confidenza con il gioco del mister, ma mi è stato molto d'aiuto. Di Francesco ha speso molto tempo per spiegarmi nei dettagli cosa vuole da me. Ha fatto il massimo per farmi sentire a mio agio. E' un allenatore molto intelligente e vuole essere sicuro di aver trasmesso le sue tattiche ai giocatori. Fa scelte importanti e non teme di correre rischi. Dice che il calcio italiano è difensivo ma lui ama giocare all'attacco, anche se pretende disciplina. Il livello che si raggiunge nel preparare le partite è qualcosa che non avevo mai visto prima". Disciplina sì, ma Di Francesco ha anche un lato diverso: "L'ho raccontato come una persona metodica e seria, ma in realtà è un personaggio frizzante. Ama raccontare barzellette. Per la maggior parte non le capisco, ma la squadra di sicuro sì ed è un bell'atteggiamento in allenamento quando lui è lì. Non capisco tutto ciò che dice, ma lo vedo molto preso dal molto in cui ondeggia le braccia".

L'allenamento è una parte fondamentale nel calcio, soprattutto se si vuole raggiungere un livello importante. Ed è una parte del calcio di cui Under non ha paura: "Non a tutti i giocatori piacciono gli allenamenti, ma io sono l'opposto. Io li amo. Se c'è un esercitazione sui tiri mi piace continuare anche dopo che è finita. Ho fatto molta strada in poco tempo. Mi piace dimostrare alla gente che si sbaglia e superare le aspettative. Lo faccio da quando avevo 10 anni". Questa mentalità e approccio al gioco l'hanno reso uno dei prospetti più interessanti in Europa"E' un onore essere chiamato prodigio. Continuo a ricevere messaggi sui media da persone che mi dicono quanto siano fiere di me, così mi sento come se fossi un ambasciatore per loro e per il mio paese all'estero".