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Il ragazzo che Bruno Conti designò suo erede manda in frantumi il record giallorosso: rimarrà la leggenda di dieci vittorie iniziali, perché nessuno in Italia ha mai fatto meglio, ma il Totteham conserva il primato europeo. Il ragazzo che Bruno Conti designò suo erede è diventato grande lontano da Roma, lasciato al suo destino dopo anni di prestiti e promesse, ricostruito da Gian Piero Ventura fino a guadagnare l'azzurro. Otterrà anche una squadra di vertice, perché il Toro è la sua casa ma non la sua dimensione, a meno che la macchina del tempo o uno sceicco
«Ma oggi sono del Toro e i compagni si aspettano tanto da me. Abbiamo fermato una big»
Finora lo è, nonostante la zavorra di troppe sviste arbitrali, anche se stasera è in credito la Roma. Svista clamorosa, quella di Banti, che non graffia però i meriti del ragazzo. E' la sua serata, fatta di ricordi e complimenti, di accelerazioni e dribbling, di punizioni e tiri, di cross e centri bassi, di gloria e perfino, sotto sotto, d'imbarazzo. Perché non è vero che il professionismo cancelli i sentimenti: «Un po' di dispiacere c'è davvero - confida - perché nella Roma sono cresciuto. Non volevo pensare di averla di fronte e per questo mi sono lasciato andare nell'esultanza: oggi appartengo al Toro e i compagni si aspettano molto da me. Ci tenevamo a fare bene e aver pareggiato giocando alla pari con questa Roma fortissima, sempre vittoriosa finora anche contro le big, destinata a lottare per lo scudetto, è motivo di grandissimo orgoglio. Mi ha impressionato soprattutto il centrocampo, che abbina velocità e tecnica».
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