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Arrivato nella Capitale con grandi speranze, pochi lampi e tanti rimpianti. Una storia con la Roma senza particolari guizzi. Eppure Cicinho ha ricordato con affetto l'esperienza giallorossa, rilasciando anche qualche amara considerazione in un'intervista a gianlucadimarzio.com: "Se non mi fossi abbandonato all’alchol, oggi forse starei ancora giocando. È un errore che non rifarei”. Poi la redenzione: "Ho aperto un centro di formazione per giovani calciatori e atlete di ginnastica artistica, lavoriamo soprattutto sulla loro testa".
Sulle premesse e l'accoglienza dei tifosi
Prima di me era successo solo con Batistuta.
Sul rapporto con Cassano
Un pazzo, siamo diventati grandi amici.
Sulla Roma di Spalletti e sulla vittoria in Coppa Italia
La gioia dei tifosi non posso dimenticarla. Mi sorprende sia l’ultimo trofeo vinto perché hanno sempre avuto grandi squadre con Totti, De Rossi e molti altri. Mi sento privilegiato, ho inciso il mio nome nella storia della Roma.
Sul suo arrivo in Italia
Giocare in Italia era un sogno, il mio amico Doni mi chiamò insieme a Totti. La Roma non mi ha aiutato, ma perché non sapeva nulla del mio problema. Non ne parlavo con nessuno. Tornavo a casa da Trigoria e mi mettevo a bere birra e fumare. Mi allenavo sempre, però non avevo voglia di giocare. Guardavo la convocazione: se c’era il mio nome bene, altrimenti andava bene comunque.
Sui problemi a Roma
All’inizio ero felice, poi però ho perso il desiderio di giocare. Il problema ero io. Non stavo più bene con me stesso. Il calcio era sempre stato la mia vita, c’era qualcosa che non andava. Dovevo cambiare, altrimenti sarei andato incontro alla morte.
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