La classifica è brutta, per non dire bruttissima: la Roma è ottava, ha gli stessi punti di Parma e Sassuolo e ne ha 5 in meno del Milan di Gattuso. La classifica non mente nemmeno sul dislivello di valori tra un top club come la Juve (40 punti su 42 a disposizione) e tutto il resto. La classifica, questa classifica, però è avariata. Scaduta e quindi non commestibile al già provato stomaco dei tifosi romanisti. Perché figlia di errori. Di Di Francesco, di Monchi, dei calciatori ma anche della classe arbitrale. Di quei personaggi che una volta erano vestiti di nero quasi a incutere timore e che ormai da qualche anno sfoggiano una più simpatica divisa fluo. “Ma come, c’è il Var! Ormai si può correggere qualsiasi errore”. E invece no. Si sbaglia, e non si ammette. Anzi, nemmeno viene fatto un esame di coscienza. E’ accaduto a Firenze dove al Var c’era Orsato che contro la Juve è andato spesso alla postazione della moviola, è successo a Napoli, con la Spal e anche ieri sera contro l’Inter cinese di Spalletti. A dimostrazione che se una volta si poteva chiudere un occhio, ora ne vengono chiusi sei: arbitro e i due assistenti al Var. Alla faccia di Rizzoli che aveva ammonito recentemente di ricorrere più spesso alla tecnologia anche se ciò comportava maggiori interruzioni al gioco. E alla faccia dell’Uefa che poche ore fa ha dato il via libera al Var agli ottavi di Champions. Forse a Perez, presidente del Real, sono stati fatti vedere proprio gli episodi non rivisti in serie A come a voler dire: tranquillo, in fondo il monitor lo gestiamo noi.
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Roma, è una classifica aVARiata
Una classifica figlia di errori. Di Di Francesco, di Monchi, dei calciatori ma anche della classe arbitrale. Milan e Inter hanno più tifosi, più media amici, più possibilità di investimenti futuri. Forse fanno più comodo in Champions, forse
Oggi la Roma, la brutta Roma di Di Francesco avrebbe tra i 4 e i 7 punti in più, che vorrebbe dire zona Champions e qualche polemica in meno. L’obiettivo minimo di una stagione ancora tutta da salvare. Resa ancora più naufraga da un dubbio lecito: Milan e Inter hanno più tifosi, più media amici, più possibilità di investimenti futuri. Forse fanno più comodo in Champions, forse. Parlare di complotto sarebbe sbagliato, ma ignorare la disparità di trattamento sarebbe ingiusto. E se ne faccia una ragione Spalletti che ieri ha maldestramente provato a rispondere a Totti mettendo in mezzo un presunto rigore su Icardi. Luciano non ha capito che quel confronto l’ha perso da tempo.
Siamo lontani dagli scandali che portarono via scudetti come nell’anno del gol di Turone, nel periodo di Calciopoli o in quelli tra l’Inter di Mancini e la Roma dello stesso Spalletti. Ma resta quel profondo senso di ingiustizia, e quello stomaco che brontola.
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