rassegna stampa

A Trigoria ormai Gervinho è un caso

Diverso il clima delle due squadre della capitale. La Lazio è lanciata verso la Champions, la Roma arranca sempre più ed ha tanti problemi

Redazione

Qui dove tutto funziona, lì dove tutto pare nero. Lazio e Roma si trovano nel mezzo di una volata impensata a inizio stagione. E ora reale, perché frutto di un 2015 di segno opposto. Ecco un viaggio tra i sorrisi di Formello e le preoccupazioni di Trigoria.

AMBIENTE

Lazio - Una stagione nata nel segno della fiducia verso il nuovo corso di Pioli, anche se si avvertivano ancora gli strascichi della contestazione a Lotito. Un macigno la mancata qualificazione in Europa League. E poi quel derby incastrato alla penultima giornata che, con i progetti-scudetto della Roma, faceva paventare un faccia a faccia con i cugini in odor di tricolore in una data 24 maggio, troppo beffardamente vicina al 26 maggio della Coppa Italia vinta proprio contro i giallorossi nel 2013. La squadra di Pioli ha saputo conquistarsi simpatia e calore subito col bel gioco e la mentalità offensiva. Il crescendo in classifica sta donando alla Roma biancoceleste una stagione emozionante anche nel confronto con la Roma per quel secondo posto ad appena un punto.

Roma - Il mondo giallorosso si è invece via via avvitato su stesso. La squadra viene regolarmente fischiata all’Olimpico ormai da due mesi: l’ultima esultanza ha pure questa il sapore del derby, perché dal selfie di Totti sotto la Curva Sud in poi la Roma non è più riuscita a riscaldare l’Olimpico. Il clima ora è questo: stadio che è arrivato a gridare «mercenari», radio private che diffondono audio rubati di un calciatore che accusa i compagni di non correre, calciatori fermati per strada — è accaduto ieri mattina a Pjanic, prima di un incontro con gli studenti di una scuola — con energiche richieste di spiegazioni sul momento Roma.

RIVELAZIONI/DELUSIONI

Lazio - Nel campionato scorso si era dibattuto tra problemi fisici e di ambientamento. Giunto in Serie A dopo sette stagioni in Belgio con l’Anderlecht, Lucas Biglia è rinato in estate. Al Mondiale, era partito tra rincalzi per poi diventare titolare, anche nella finale persa dall’Argentina con la Germania. Così la Lazio si è ritrovata un elemento di spessore internazionale. E soprattutto Pioli ha scovato in Biglia il play giusto per il suo gioco a trazione anteriore. Dinamismo e senso tattico le doti migliori. A 29 anni si sta riscoprendo da un uomo-guida ed è nel mirino dei top club europei.

Roma - A Trigoria ora si fa fatica a riconoscere i calciatori. Almeno quelli rimasti, perché di Maicon, Castan e Strootman si sono perse le tracce per infortuni vari. Ma due nomi su tutti sono simbolici per tratteggiare il momento giallorosso: Gervinho e Pjanic. L’ivoriano ha segnato solo due reti in campionato. Il suo rapporto stretto con Garcia è diventato uno dei punti in discussione nello spogliatoio, con molti compagni toccati dal pensiero che il trattamento non sia uguale per tutti, nelle scelte di formazione. Pjanic è l’altro big che sta mancando nelle prestazioni, l’altro a cui il tecnico faceva riferimento nel post Sampdoria: continuamente alle prese con acciacchi fisici di varia natura, il bosniaco è l’indiziato numero uno — l’altro è Ljajic — a partire in caso di mancato accesso diretto alla Champions League.

I VECCHI

Lazio - Pioli ha trovato il sostegno dei veterani. Miro Klose e Stefano Mauri, i nomi più appariscenti. A 36 anni, il tedesco reduce dal trionfo in Coppa del Mondo e dal titolo di miglior marcatore all time della manifestazione, ha rispolverato il passo per dare il suo apporto non soltanto con i gol (8 in campionato e 3 in Coppa Italia). Un avvio in salita: tanto part time causa Djordjevic titolare. Poi, l’infortunio del serbo (24 gennaio, frattura del malleolo) e il suo rilancio nel momento della svolta laziale. Stefano Mauri, 35 anni, è la bussola della manovra. Un jolly tra centrocampo e attacco (8 reti in campionato). Fa perdere riferimenti agli avversari. Un capitano che sa guidare la rotta del gioco.

Roma - I vecchietti della Roma, o comunque i giocatori di maggiore esperienza, sono finiti sul banco degli imputati. Il rendimento di De Rossi è calato, gli errori di Firenze hanno spaccato ancor di più un ambiente che si divide tra le critiche per uno stipendio non in linea con le prestazioni e l’amore incondizionato dimostrato dallo striscione esposto dalla Curva Sud prima della Samp. Totti ancora non divide, ma certo non unisce come una volta: il mancato arrivo di un centravanti all’altezza — unito alla frettolosa cessione di Destro — è uno dei nodi principali delle difficoltà offensive della Roma.

I GIOVANI

Lazio - A parte Felipe Anderson, stanno emergendo anche De Vrij e Cataldi. Il centrale è arrivato dal Feyenoord a fine luglio, pochi giorni dopo la beffa Astori. Considerato uno dei migliori difensore del Mondiale, l’olandese ha scelto la A per crescere. Ora ringhia e gioca a testa alta. Poi Danilo Cataldi, 20 anni, romano, cresciuto nel vivaio, reduce da una stagione di B a Crotone. Uno stiramento bissato gli ha rinviato l’esordio a gennaio: subito titolare. Centrocampista completo, è sul taccuino azzurro di Conte. Keita doveva esser l’astro nascente. Tra infortuni e disavventure, si era eclissato. A 20 anni l’ex Barcellona, sotto la guida di Pioli, punta a rilanciarsi.

Roma - Parlando dei giovani di Trigoria, forse è bene limitarsi a quelli che ieri hanno battuto il Manchester City nella Youth League. Perché in prima squadra le uniche due facce felici sono quelle di Ljajic, capocannoniere stagionale (e pensare che la scorsa estate è rimasto a Trigoria anche per mancanza di acquirenti), e Verde, protagonista a sorpresa dell’inverno giallorosso. Sanabria e Uçan sono due meteore, Paredes viene regolarmente escluso. Ma il vero flop è targato Iturbe. Doveva essere l’uomo scudetto, in campionato ha segnato una sola rete, il rendimento è stato quasi sempre al di sotto della sufficienza. «La ruota girerà», ha scritto ieri su Twitter. Il guaio è che neppure in allenamento dà mai la sensazione di essere in fase di decollo.