Stavano comodi a Trigoria, i calciatori, per usare una terminologia cara a Spalletti. Via gli alibi, è servito il bastone del toscano per raddrizzare la baracca. Cinque esempi diversi, a sostegno della tesi. Florenzi, il capitano della Roma di oggi, fu più o meno accolto così da Spalletti, la sera di Juventus-Roma: «Ogni tanto si perde in certi atteggiamenti inutili (le proteste, ndr), ma certe cose i campioni non le fanno. Quando smetterà, diventerà un campionissimo». Per il momento, è diventato un uomo derby.
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Spalletti il martello. Da ElSha a Florenzi la Roma è rinata così
Il tecnico toscano è arrivato con il suo bastone e ha raddrizzato la baracca. Cinque gli esempi diversi a sostegno della tesi: Florenzi, Salah, Dzeko, Nainggolan e El Shaarawy
Poi c'è Salah, scrivono Andrea Pugliese e Davide Stoppini su "La Gazzetta dello Sport". Dopo l’esordio con il Verona Spalletti lo pizzicò per un gol sbagliato a fronte di un mancato assist: «In certe situazioni è bene essere sicuri, perché sennò si passa la palla e la Roma vince. L’attaccante pensa a fare i gol, io i punti». Un mese dopo lo stesso Spalletti ha dedicato all’egiziano una parte di una conferenza pre gara, riempiendolo di elogi.
A Dzeko un giorno disse: «Deve farmi vedere che vuole pregarmi per riavere una maglia». Il giorno dopo, con l’Udinese, Spalletti gliela diede e il bosniaco segnò. Scena simile con Nainggolan nel pre-derby: «Dice che non siamo più deboli di Juve e Napoli? Allora vuol dire che ha fatto poco... deve pedalare di più». La prova del belga contro la Lazio è stata la risposta ideale. L’episodio di El Shaarawy è quasi profetico. In allenamento l’azzurro non prova neppure a chiudere un cross aereo di un compagno. Spalletti urla: «Stephan, te lo segnano anche se lo fai di testa il gol!». E nel derby... gliel’hanno segnato.
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