rassegna stampa

Il selfie di Totti la benda di Chiello

Sono state partite appassionanti, illuminate da gol abbaglianti: una rovesciata di Totti alla Parola, un tiro al volo di Pogba alla Zidane.

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Dal canyon delle terze la Juve esce illesa con mezzo scudetto in tasca. La vittoria a Napoli, che inseguiva da 14 anni, le regala infatti il titolo d’inverno con un turno d’anticipo. Al massimo potrà essere raggiunta, ma le resterebbe il vantaggio dello scontro diretto. La Roma invece lascia due punti nel canyon, frenata da una Lazio splendida a metà.

Sono state partite appassionanti, illuminate da gol abbaglianti: una rovesciata di Totti alla Parola, un tiro al volo di Pogba alla Zidane. Dal pomeriggio alla sera quasi un passaggio di testimone tra due fenomeni distanti 17 anni. La differenza? Totti ha risollevato da solo una Roma tradita dai suoi uomini migliori (Pjanic, Nainggolan, De Rossi...) e l’ha portata in salvo da un derby quasi perso. La Juve, per una volta scarica di Tevez, ha vinto da squadra, con i gol di stelle (Pogba, Vidal) e gregari (Caceres) e il sudore di tutti. L’abbraccio collettivo finale ha annunciato al mondo quanta fame abbia ancora questo gruppo di cannibali e quanto sia compatto. La Juve può anche attraversare una crisetta, trascinarsi con una febbriciattola da 37,5, ma quando vive notti chiave come quella del San Paolo, scoppia sempre di salute. Ha preso il pallone e ha fatto la partita dal primo minuto. La vittoria è stata una verità di campo più di quanto pensino Benitez e De Laurentiis. Certe partite la Juve non le sbaglia mai. In questo la Roma, messa sotto per un tempo, deve ancora dare risposte importanti. Sappiamo che diverte e sa divertirsi, dobbiamo ancora scoprire quanto sappia soffrire per ottenere ciò che sogna. Nel mezzo del canyon delle terze, Totti si è fatto un selfie, Chiellini ha combattuto con la testa bendata.

La Roma sembra che abbia pareggiato il derby, in realtà lo ha vinto e lo ha perso. In che senso? Se lo si analizza con la logica della stracittadina, della zuffa di borgata, lo ha stravinto, non ci piove, perché se sei sotto di due gol all’intervallo e poi il tuo mitico capitano raddrizza la barca con una doppietta splendida, e si fa pure un selfie beffardo sotto la curva e gli avversari escono a testa bassa rosicando di brutto invece di sentenziare in latino, il derby lo hai vinto. Ma se la logica è più alta e prevede l’esegesi della prova in chiave scudetto, allora la Roma il derby lo ha perso, perché ha fallito l’occasione di superare la Juve, almeno per qualche ora, e di metterle pressione. Lo ha perso anche per la qualità del gioco. E’ stata ottima la reazione nella ripresa, quando è divampato l’orgoglio di Totti, ma quando c’è stato da agire con lo 0-0 in bilico ha fatto meglio la Lazio, che assomiglia al Napoli: ha la qualità per battere tutti e può smarrirsi in cinque minuti per carenza di personalità. Il primo tempo ha confermato i recenti scricchiolii di condizione e di gioco dei giallorossi. Pjanic, l’ideologo di riferimento, è stato inguardabile. Come Nainggolan e Florenzi, sostituiti. Brutta notizia se vacillano due colonne come Nainggolan e Pjanic, l’asse migliore nella prima parte della stagione. A 38 anni, Totti dovrebbe essere una splendida opzione in più, da spendere al momento giusto, non può tornare a essere una dipendenza. Non sempre potrà avere le motivazioni feroci di un derby e purgare ancora; non sempre potrà avere lucidità e forza per permettersi la meravigliosa acrobazia di ieri. Ma senza il capitano, ieri, cosa sarebbe stato l’attacco giallorosso? Iturbe ha dato solo un paio di bagliori; Ljajic, entrato a partita in corsa, ha fatto pochino; Destro è smarrito nei fumi del mercato. Ufficiale: Gervinho, anima verticale di Garcia, mancherà parecchio. L’attacco resta un reparto critico. La rimonta nel derby ha lasciato energia positiva, ma la Roma di ieri non basta per il Grande Sogno. Dovrà rifiorire in fretta se vuole raggiungere la Juve di Pogba e del guerriero Chiellini.