Giugno 2014: in uno dei suoi mille voli direzione Milano, tra il pensiero per la Roma che stava nascendo e l’ultima idea di mercato da coltivare, Walter Sabatini si rilassava leggendo il libro di Walter Veltroni su Enrico Berlinguer. Benatia era già un caso ma ancora un calciatore della Roma, Iturbe un obiettivo diventato complicatissimo per un prezzo che lievitava. Quel libro distese e divertì Sabatini. Durò lo spazio di un decollo e un atterraggio. All’arrivo il d.s. prese il telefono e chiese di essere messo in contatto con Veltroni, perché i complimenti voleva farli con la propria voce, non attraverso terzi. Raccontano gli uomini mercato che quel giorno fu particolarmente produttivo, per Sabatini e per la Roma. Chissà se quanto le ferie del d.s., durate 36 ore ma evidentemente rilassanti almeno come il libro di Veltroni, a giudicare dai messaggi lanciati in direzione del «simulacro» Benatia, del «padrone delle ferriere» Lotito e dei rivali di mercato: «Chi dice che strapago i calciatori lo fa per difendere se stesso in maniera grossolana. La Roma paga il giusto, a volte anche meno».
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Sabatini scarica Benatia «Ho venduto un simulacro»
"L'ho venduto per 28 milioni più 4: il prezzo giusto, per il simulacro di Benatia"
Da Lotito a Benatia In fondo il «sono ancora io, Walter Sabatini» lasciava intuire che conferenza sarebbe stata. Quaranta minuti abbondanti, con un po’ di immagini a corredo. Quella su Lotito, in primis: «Si comporta come un padrone delle ferriere, atteggiamento superato. Non accetto che dica che un dipendente come De Rossi non può parlare. Anzi, quando parla De Rossi è sempre bene stare a sentire. Se il suo presenzialismo mi stupisce? È divertente, fa così solo perché in contrapposizione ai tifosi della Lazio, della serie “voi qui non mi volete e allora mi faccio vedere in Nazionale, per di più metto anche la tuta”». La tuta della Roma, invece, Benatia se l’era tolta da tempo: «Il Bayern ci ha riferito di non gradire questo conciliabolo, ma qualcosa la voglio dire. Benatia già a gennaio venne da me presentandomi offerte ricevute dall’esterno. Mi disse che sì, avrebbe voluto restare alla Roma, ma di fronte a un sostanzioso aumento, altrimenti si sarebbe sentito offeso. Io risposi che quell’aumento non potevo darglielo, al massimo gli potevo riconoscere quello a cui lui l’estate prima aveva rinunciato venendo da noi (e rifiutando il Napoli, ndr). Così a maggio feci il prezzo di 61 milioni. Prezzo alto, perché mi riferivo al monolite Benatia. L’ho venduto per 28 milioni più 4, dunque 32: il prezzo giusto, per il simulacro di Benatia. E con il suo procuratore (Sissoko, ndr) ero stato fin troppo generoso nel dargli del menestrello».
Da Strootman allo scudetto Il prezzo ora Sabatini non vuole fissarlo per Strootman: «Non ha un valore, oggi è incedibile, poi non so cosa succederà. Ce lo godiamo anche da infortunato, sarà il nostro acquisto di gennaio». Quello «reale» sarà Rabiot: «È eccezionale, lo trattiamo, ma non lo prenderemo senza un accordo col Psg». Traduzione: i due club hanno l’intesa, se Rabiot e mamma Veronique non cambiano idea, il francese sarà giallorosso. Sul caso Maicon: «Ognuno di noi ha 3 vite, una pubblica, una privata e l’altra segreta. Lasciamo a Maicon 2-3 cosine delle sue. Ma era e resta un grande: per la Roma ha giocato anche col Toradol». Altre chicche: «Su Destro ho ascoltato alcune offerte, per la vanità di poter dire di no. Pjanic? Il suo rinnovo ha generato qualche interrogativo nei compagni, ma non potevo perderlo a zero. Dodò invece l’ho ceduto per salvargli la vita dalle critiche». Per salvare il d.s. dalle sigarette, invece, non basterebbe uno scudetto («non rinuncerei»). «Ha ragione Garcia, la Juve può ripetersi. Ma abbiamo accorciato il gap. E la Roma deve necessariamente lottare per lo scudetto». Chissà se anche questo avrà detto allo juventino Veltroni.
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