rassegna stampa

Rudi non molla: «Un fallimento. Ma resterò fino alla morte»

«Sono tre gare che non subiamo gol, ma ora non riusciamo più a segnare. Non abbiamo equilibrio, questo è il problema attuale»

Redazione

«Se serve, spingerò la Roma fino alla morte», qualcuno può pure sentirsi autorizzato a leggerla come una minaccia in ottica futura, un annuncio di discesa agli inferi, più che una conferma della scarsa voglia di dimissioni da parte del francese. Come riportato nell'edizione odierna de "La Gazzetta dello Sport", lupi non sono e non saranno i giocatori, magari pure perché il capobranco ha perso di efficacia, di incisività, in definitiva di leadership.

Il perché va letto anche nelle dichiarazioni di ieri del francese, una serie di j’accuse al mondo giallorosso che gli ruota intorno. Che ai microfoni dice pure «mi prendo io tutte le colpe, nessun alibi per l’eliminazione, abbiamo fallito ma ora pensiamo a vincere domenica». Ma lo fa solo dopo aver sottolineato i demeriti altrui. I demeriti dei preparatori atletici («In questo momento la benzina è poca, fisicamente potremmo stare meglio»), e alla squadra («Spero che questa sconfitta serva da lezione per i giocatori: se uno scende in campo con i dubbi e senza prendere rischi non va da nessuna parte, non può mai vincere»). «Sono tre gare che non subiamo gol, ma ora non riusciamo più a segnare. Non abbiamo equilibrio, questo è il problema attuale», spiega Garcia. Che poi lancia l’ultima bacchettata al club «i giocatori devono capire che sono nella Roma, forse glielo dovrò spiegare io, non si può uscire dalla Coppa contro una squadra di B», il riferimento è a quei calciatori schierati ieri (Uçan, Emerson, lo stesso Iturbe) acquistati dalla società, nei quali Garcia ha smesso di credere. O forse non ha mai iniziato.

(D. Stoppini)