Ma quanti Totti c’erano in campo alla festa del capitano? I giocatori del Verona ne hanno «visti» almeno tre: quello vero, Francesco, e poi anche Pjanic e Ljaijc, sublimi pensatori tra le linee, liberi di muoversi in quel regno delle possibilità che è la zona tra centrocampo e attacco. Il bosniaco ha giocato a specchio col capitano e ne ha assunto i comandi quando l’azione è ripartita più indietro, quando si è aperto il minimo spazio di manovra per far ripartire l’azione. Adem, col suo tocco e il suo dinamismo, è indietreggiato con generosità e si è infiltrato in mezzo: mai punti di riferimento certi per i gialloblù, anche se rispetto ad altre partite è mancata velocità di esecuzione.
rassegna stampa
Ragnatela Totti, Pjanic e Ljajic: che pazienza
Una staffetta di alto profilo, col bosniaco, sorretta dai tetragoni Keita e Nainggolan e da una filosofia di gruppo che vuole i giallorossi giocatori universali.
RAGNATELA E così stavolta non è stato facile. La Roma ha composto il suo «tiqui taca» d’ordinanza, costretta dalla presenza di quasi tutto il Verona sotto la linea del pallone.
E nella rete dei giallorossi (possesso palla del 71%, il più alto per Totti e compagni dal 2012, 720 passaggi in tutto) Mandorlini ha rischiato più volte di rimanere impigliato (vedi nel primo tempo il colpo di testa di Destro su cross di Maicon, liberato a destra, tu guarda, da Pjanic). Addirittura Totti è tornato pure a centrocampo per sfuggire ai piranha veronesi, che hanno difeso basso, marcato a uomo e intasato gli spazi: il capitano l’ha potuto fare perché aveva l’alter ego più giovane già nei sedici metri. Una staffetta di alto profilo, col bosniaco, sorretta dai tetragoni Keita e Nainggolan (ben 177 passaggi per i due nella metà campo avversaria, lo spagnolo ne ha addirittura effettuati 120 totali, record in una gara di A quest’anno) e da una filosofia di gruppo che vuole i giallorossi giocatori universali: puoi trovare Radja sulla fascia o Destro defilato. A garantire la profondità, poi, proprio il solito Mattia, il miglior centravanti italiano nell’attaccare gli spazi. Giusto tenerlo in campo fino all’ultimo: il gol da cineteca è stato un premio alla disciplina tattica.
MURO Le criticità per i giallorossi si sono palesate nei primi 45’ e per mezz’ora della ripresa per effetto del 4-3-3 del Verona che si trasformava in 4-5-1 in fase difensiva. Un muro di difensori e centrocampisti che ha trovato la sua logica nell’impiego davanti di Nenè, punta di movimento, preferito al più statico Toni. I gialloblù sono riusciti pure a ripartire con efficacia: azione accompagnata dai mediani e passaggi rasoterra per il centravanti, zero lanci lunghi ad altezza-petto come richiesto da Mandorlini in coincidenza con l’ingresso in campo di Toni. Emblematiche le occasioni di Gomez e dello stesso Nenè durante l’equilibrato primo tempo.
MERITI ED ERRORI Ma, alla fine, come un Icaro che vola troppo vicino al sole, Mandorlini si è sciolto all’improvviso, commettendo l’errore di Inzaghi in Milan-Juve: a forza di spremere Jankovic e Gomez avanti e indietro su Maicon, Cole e Ljajic, come fecero El Shaarawy e Honda su Lichtsteiner e Asamoah, il Verona ha concesso nuovi spazi. Dove i subentrati Gervinho e Florenzi, al pari di Pogba e Tevez, hanno rubato l’occhio: l’ivoriano con due assist, il centrocampista con l’irresistibile tiro dell’1-0.
VECCHIO TRUCCO E ieri Garcia ha fatto ricorso in difesa ad un vecchio trucco dei campi di periferia: in difesa (a zona), nei momenti difficili, uno dei due centrali si è staccato e ha svolto il ruolo di «libero», col mediano metodista che è diventato difensore aggiunto. Mossa già compiuta con De Rossi (non a caso la Roma ha incassato solo un gol dopo 5 giornate). È proprio vero: il francese ha capito l’Italia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA