Domani saranno 60. Lunedì 10. Dieci anni da una prima volta, Fiorentina-Roma in panchina, il debutto, i rigori, la vittoria con i suoi ragazzi in campo, una corsa sotto il settore ospiti che neppure quando giocava. Nei primi 60 anni di Bruno Conti un posto importante ce l’ha una partita tutta speciale. Perché speciale era la condizione: la Roma era un malato serio, di quelli che non riesci a capire la cura. Perché i medici precedenti si erano rivelati tutti incapaci, chi per motivi familiari, chi di stress, chi di altro ancora: Prandelli, Voeller, Del Neri, via tutti. Restava Bruno per portare a termine una stagione nella maniera più dignitosa possibile. E poco più.
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Quando Conti fece sua Fiorentina-Roma
«Una sofferenza enorme, presi in mano la squadra in grande difficoltà. Quando raggiungemmo la salvezza mi liberai di tutto e cominciai a piangere abbracciando Rosella Sensi»
Sedici marzo 2005, quel poco più è subito davanti agli occhi. Fiorentina-Roma, ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia, l’unica via possibile per sperare la stagione successiva di giocare in una coppa europea. Al debutto, sulla panchina della Roma, c’è Conti: la prima volta sulla panchina dei grandi, lui che a Trigoria negli anni aveva fatto tutto, forse persino più di tutto. L’andata aveva premiato la Roma: 1-0, gol di De Rossi. Ma al Franchi la squadra giallorossa ci va con i cerotti ben in vista: in porta fuori Pelizzoli e Zotti, dentro Curci, che Conti conosce da una vita. In difesa ecco Abel Xavier, con dei capelli platinati che neppure Cassano nelle migliori/peggiori uscite. In attacco c’è Totti. Nei paraggi del capitano Aquilani e Montella, che stasera vestono di viola proprio a Firenze. È pomeriggio, c’è il sole. La partita però finirà con i riflettori accesi. Una specie di favola per Bruno Conti: sotto 1-0 al 90’, si va ai supplementari. La Roma resta in 10, espulso Ferrari. Ecco i rigori. Per la Roma sbaglia subito Cassano, la Fiorentina si mangia il match-point con Miccoli, Curci para, il penalty decisivo lo segna Scurto, difensore centrale che proprio dal settore giovanile di Conti era venuto fuori. Bruno esplode. Esce dalla panchina in una corsa di quelle che, da giocatore, finivano sotto la Sud dopo un suo gol. La Roma è in semifinale. Quella Roma in semifinale. «Per fare lo scatto mi sono mezzo stirato – racconterà dopo la partita Conti –. Totti mi ha preso sulle spalle e mi ha portato in trionfo, un gesto che non mi aspettavo. Il mio ruolo? Voglio ricompattare l’ambiente, non posso mica fare miracoli». E infatti la Roma si salvò a malapena in campionato, quella stagione. Ma la strada in Coppa Italia proseguì fino alla finale, abbastanza per afferrare in extremis la qualificazione europea: obiettivo centrato, per Bruno.
Obiettivo duro come una salita infinita. Conti ha sempre raccontato così lo stress di quei mesi: «Una sofferenza enorme, presi in mano la squadra in grande difficoltà. Quando raggiungemmo la salvezza (alla penultima giornata contro l’Atalanta, ndr) mi liberai di tutto e cominciai a piangere abbracciando Rosella Sensi». Conti poi tornò dietro la scrivania, alla Roma regalò il consiglio di Spalletti per la stagione successiva. L’inizio di un’altra epoca. Cominciata una sera di metà marzo a Firenze: hai visto mai.
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