rassegna stampa

Medici e preparatori? A Trigoria c’è il gelo

Si torna di nuovo a parlare del problema preparazione atletica. Da una parte lo staff medico, dall'altra lo staff tecnico di Garcia guidato da Paolo Rongoni, in mezzo la Roma. Intanto il numero degli infortuni muscolari sale a 19

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A Trigoria va così, ormai da mesi: una macchina si ferma dopo un incidente, entra in officina, esce e si riblocca. Il meccanico dice: sei tu che hai danneggiato l’auto, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di venire in officina. Il proprietario dell’auto, quello che la guida tutti i giorni, replica: se tu avessi fatto bene il tuo lavoro, la macchina non sarebbe andata in testacoda pochi km più avanti, costringendomi nuovamente all’incidente. È una questione di punti di vista. Che poi diventano punti fermi: ognuno sulla propria posizione. Fermo, fermissimo. Con un finale scontato: incomunicabilità totale tra le parti. Da una parte lo staff medico, il meccanico dei giocatori. Dall’altra, una porzione dello staff tecnico di Rudi Garcia (all’interno del quale le posizioni sono molteplici), guidato dal preparatore atletico Paolo Rongoni, fedelissimo del tecnico francese. In mezzo c’è la Roma. In mezzo ci sono soprattutto i giocatori, tirati per la giacca: chi di qua, chi di là, tutti prima o dopo «costretti» — perché è il loro lavoro che lo impone — ad avere a che fare con tutte e due le campane.

OPINIONI Immaginate un De Rossi qualsiasi che si ferma nuovamente per una lesione muscolare al polpaccio. Immaginate un centrocampista che sente intorno a sé rimbalzarsi le responsabilità: di chi è la colpa? È successo pochi giorni fa, è solo l’ultimo nodo venuto al pettine. Perché il casus belli sono i 19 infortuni muscolari, nel caso specifico le «ricadute»: il problema è la guida spericolata o l’officina inadatta? Sulle responsabilità a Trigoria girano opinioni contrastanti. E così i lamenti escono in tutte le direzioni: la Roma non corre abbastanza, non è brillante, non è curata bene. Ecco, ancor prima delle responsabilità, il guaio numero uno è la totale assenza di rapporti, la freddezza negli sguardi, le parole non dette e quelle riferite. Così succede che il calciatore perde fiducia. Così succede che una società non può intervenire, per non alterare gli equilibri. Il problema è che gli equilibri sono già saltati. E i mesi passano, le stagioni pure.