(Gazzetta dello Sport - R.Palombo) Come una finale. Solo che la Roma la disputa con la formazione migliore mentre Conte sceglie la via della Juventus-due, quella per intenderci che non ha niente o quasi a che fare con la squadra spazzacampionato delle dodici vittorie consecutive. Il risultato è conseguente. In un match senza tiri in porta, molto tattico e piuttosto brutto, il colpo di tacco di Gervinho, fuoriclasse che di solito ha il vizio di divorare gol, spezza l’equilibrio a dieci minuti dalla fine e regala alla Roma la semifinale di Coppa Italia, dove troverà il Napoli o, replica della finale persa il 26 maggio, la Lazio. Quella, se ci sarà, sarà una vera rivincita. Questa, contro la Juve che il 5 gennaio asfaltò la Roma (3-0) in campionato, non lo è stata perché Conte, che avrà le sue buone ragioni (nove possibili partite di Europa League e uno scudetto da tenersi stretto) si è sottratto all’ingaggio. Peccato. La Coppa Italia e un avversario così importante come la Roma avrebbero forse meritato maggiore considerazione. Una cosa è certa: tra 4 giorni, nello stesso Olimpico contro la Lazio, vedremo tutta un’altra Juventus.
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Mago Gervinho. Entra Pjanic, esce la Juve2. La Roma si rifà: è semifinale
(Gazzetta dello Sport – R.Palombo) Come una finale. Solo che la Roma la disputa con la formazione migliore mentre Conte sceglie la via della Juventus-due, quella per intenderci
FILOSOFIE CONTRO Nella Roma c’è Torosidis anziché Dodò e c’è soprattutto Nainggolan al posto di Pjanic. Fuori l’uomo-falla di Torino (Vidal e Bonucci sono entrati dalla parte sua) e dentro, insieme a un terzino più avvezzo a coprire, un terzo centrocampista tutto muscoli e bulloni roventi. Con Strootman e De Rossi è una metà campo, testata nei 21’ finali di sabato scorso, che può mettere paura anche a gente come Pirlo e Vidal. Totti e Maicon, preservati contro il Livorno, tornano al centro del villaggio giallorosso. Con Florenzi e Gervinho ai fianchi del capitano, e con gente del calibro di Destro , Pjanic e Ljajic in panchina, è insomma la Roma dei sogni. La panchina della Juve (Tevez, Llorente, Pogba, Lichtsteiner, Asamoah e Buffon) in compenso mette più soggezione della formazione che Conte manda in campo, anche se lì ci sono comunque Pirlo e Bonucci, tenuti ai box con la Sampdoria, e Vidal. Storari è il portiere di Coppa Italia, Isla e Peluso sono i dignitosi esterni di riserva, Marchisio è un vice-Pogba di lusso (però deluderà), ma soprattutto è chiaro che partire là davanti con Giovinco e un Quagliarella fantasma non è esattamente la stessa cosa.
SCACCHI La Juve sembra cercare la patta, arrivare a supplementari e rigori in una situazione così, equivarrebbe a un nuovo successo. Lascia fare alla Roma, la aspetta, bassa, in cerca di ripartenze che non arrivano anche perché Garcia, memore del passato prossimo, decide che Pirlo merita consegne ad personam. Comincia Nainggolan, poi ci pensa Florenzi, poi pure De Rossi: ogni volta che la Juve ha il possesso, Pirlo ha l’uomo addosso. La partita è bloccata, con diversi giocatori giallorossi prigionieri del ricordo di sedici giorni fa. Benatia finisce con lo sbagliare troppo al cospetto del peso leggero Giovinco, intraprendente di suo, ma ritroverà se stesso nel finale, contro i pesi massimi Llorente e Tevez. E’ un’ansia che si vede anche in quella fretta di tirare, sempre e comunque, col risultato di non inquadrare mai la porta di Storari. Alla fine, l’unico pertugio tattico di una Roma che comunque fa lei sola la partita, è nella corsia di destra che Maicon asfalta con disagi di Peluso e Chiellini, poi rilevato da Ogbonna. Ne escono tre cross bassi nell’area piccola, autentici bon bon. Ma Destro è in panchina e Totti, un po’ sottotono, naviga troppo al largo.
IL GIOIELLO E IL DUBBIO Il tran tran e uno 0-0 scolpito vengono scossi dal cambio che a un quarto d’ora dal termine dei 90’ spacca la partita. Pjanic rileva Florenzi e la Roma è come percorsa da una scossa elettrica. Un cambio di marcia e un pallone che Pjanic ruba a Bonucci, come troppo spesso gli capita afflitto dalla sindrome di Beckenbauer, così nasce l’azione più bella. Strootman crossa dalla linea di fondo e Gervinho infila spalle alla porta in modo strano e impensabile. E’ il gioiello che decide la partita. Conte ricorre a Llorente e Tevez ma è tardi. Gli resterà un dubbio, anzi due. C’era proprio bisogno di una formazione così rinunciataria? E quel cross di Isla all’inizio del secondo tempo trasformato in gol da Peluso, era proprio uscito oltre il fondo come il guardalinee Manganelli segnala con largo anticipo? Nemmeno la moviola questa volta è capace di rispondere.
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