Niente record di quattro successi senza gol subiti – quello se lo prende la Juve – ma, come direbbe Garcia in stretto dialetto parigino, chissenefrega. Nella serata più complicata, o forse meno prepotente, di quest’inizio stagione, la Roma resta al comando con tre punti che sembravano ormai persi. Il gol di Pjanic quasi alla fine, favolosa punizione che castiga il Parma ben oltre i suoi demeriti, è uno di quei regali che soltanto un top player sa fare. Questo è Pjanic: un centrocampista moderno, elegante, decisivo, l’unico a restare concentrato nel secondo tempo, a giocare a testa alta, a farsi largo nella tela più stretta ordita da Donadoni. E quindi a firmare il 2-1 con quella botta dal limite, giusto all’incrocio, imparabile. Tre punti ancor più preziosi perché spiegano che la Roma può essere almeno imbrigliata. E che però sa anche soffrire quando non tutto le riesce a cento all’ora o quando un rivale, in questo caso il Parma, non regala gli spazi come quelli offerti generosamente dal Cagliari.
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Una magia di Pjanic rompe gli equilibri. La Roma ha più armi
Nella serata più complicata, o forse meno prepotente, di quest’inizio stagione, i giallorossi restano al comando con tre punti che sembravano ormai persi.
OK CENTROCAMPO Meglio dire: un rivale come il Parma del secondo tempo.
Perché nel primo, pur senza sbracare mai, il contrario, la squadra di Donadoni fa quello che non dovrebbe. Pur senza abbassarsi troppo, infatti, non riesce a togliere respiro al centrocampo romanista che s’impossessa del giro palla per non concederlo più. Keita detta i tempi tenendo alto il baricentro, Nainggolan ingaggia e vince un duello di lottatori (corretti) con Acquah, e infine Pjanic cuce i reparti con le sue incursioni in diagonale che tanto preoccupano Lucarelli e Felipe. Ma è soprattutto Totti che combina più guai alla difesa del Parma: nessuno lo pressa e quei due secondi di libertà sono ideali per uno con quei piedi. Tre lanci deliziosi: due per Gervinho che non arriva e uno, quello decisivo, per Ljajic, minuto 27. Il serbo s’infila tra Lucarelli e Mendes e, in tap-in, «buca» le gambe di Mirante.
RISCOSSA PARMA Rete numero nove su undici nel primo tempo, il segnale del solito dominio? Insomma. Certo, il progetto di Donadoni, con De Ceglie attaccante di sinistra, tutto sommato potrebbe reggere. Però è dall’altra parte, a destra, che c’è l’anello debole. Palladino non sa approfittare di un paio di errori che innescano il suo contropiede: così Cassano finisce per intristirsi e passare più tempo a inviare consigli e rimproveri ai compagni. Se aggiungiamo la serata imprecisa di Lodi, il più per la Roma sembra fatto. Invece no: perché le tante assenze, un po’ di stanchezza, e un Gervinho meno concreto del solito, danno carica al Parma. E poi qualcosa deve aver detto Donadoni ai suoi nell’intervallo.
CASSANO PERICOLO Improvvisamente il gioco comincia a scorrere, le distanze si accorciano, la pressione s’intensifica, mentre dall’altro lato Totti comprensibilmente si sgonfia e Keita non è più il geometra dell’anno. In più appare Cassano. La sua botta da fuori, al 10’ s.t, è respinta in angolo da De Sanctis: preludio all’1-1 di testa di De Ceglie, ancora juventino al 50%. Soffre la botta la Roma, perde il filo, e l’ex Roma (e Real, Samp, Milan, Inter...) comincia a dare spettacolo. Niente di straordinario, ma quel che basta per una Roma che non riesce più a reagire. Donadoni pensa forse di averla messa all’angolo per bene e cambia per proteggersi in un finale che s’immagina a rischio: fuori De Ceglie, dentro Costa, e il modulo passa da 4-3-3 (tendente al 4-5-1) a un evidente 5-3-2.
PJANIC FAVOLOSO Troppo chiuso forse, ma contro la Roma meglio non fidarsi. Funzionerebbe comunque se Garcia, visto Totti ormai a secco, non scegliesse Destro che con il suo movimento si procura la punizione dal limite, minuto 42, fallo di Felipe. Miracolo del turnover che al tecnico francese riesce davvero molto bene. Il resto è Pjanic. E il primato a braccetto con la Juve. Ma sabato c’è il Verona che, è chiaro, non si arrende mai: altri cali non sono ammessi. Mentre il Parma c’è, sì, ma se non risolve una fragilità di fondo sono guai.
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