(Gazzetta dello Sport - A.Schianchi) Difesa solida, contropiede rapido e quel pizzico di casualità che è necessaria per costruire una grande impresa. Questa è la Roma di oggi, la Roma di Rudi Garcia. Serviva un allenatore francese di chiare origini spagnole per ricordarci che alcune vecchie regole del calcio sono sempre valide: prima di tutto non prenderle, difendersi tutti assieme, in ogni zona del campo, e poi filare via in velocità, magari sorprendendo gli avversari che si sono sbilanciati. Una lezione di «italianità» che arriva dall’estero: meditate, tifosi, meditate... E meditino pure i presunti esteti che si riempiono la bocca di tiqui-taca, attacco allo spazio e possesso-palla. Il Napoli, all’Olimpico, ha il controllo (apparente) delle operazioni con il 55,7 per cento di possesso-palla, e che cosa se ne fa? Non conta per quanto tempo tieni il pallone, ma come lo tieni: un avverbio, a volte, fa la differenza. E’ vero che il Napoli crea, ha occasioni limpide (clamorose quelle di Pandev e Insigne), però non riesce a sfruttarle, e qui sta quel pizzico di casualità di cui la Roma si avvantaggia.
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L’”italiano” Garcia, il marziano Pjanic. Difesa e contropiede: Roma da urlo
(Gazzetta dello Sport – A.Schianchi) Difesa solida, contropiede rapido e quel pizzico di casualità che è necessaria per costruire una grande impresa.
UN MURO La forza della coppia centrale Benatia-Castan è davvero impressionante: da quella cerniera non passa uno spillo. Se poi a loro due aggiungi un puntello come De Rossi, allora hai creato un’autentica fortezza. Quando i terzini Maicon e Dodò spingono (spesso) la retroguardia giallorossa si posiziona a tre con Benatia, Castan e De Rossi. E con questo terzetto aspettano gli avversari. Superare il muro è impresa piuttosto complicata. C’è un dato abbastanza interessante da analizzare: il baricentro medio della Roma è molto basso (51 metri), ciò significa che la squadra di Garcia ha la capacità e la pazienza di aspettare e di ripartire con i guizzi delle ali e con i ricami dei centrocampisti.
TUTTOFARE E’ Pjanic a guadagnarsi la copertina, ma non soltanto per la doppietta. Il bosniaco è il romanista che tocca più palloni: 79. Segno chiaro che i compagni lo individuano come un punto di riferimento e si affidano a lui per inventare la manovra. Pjanic fa il mediano (quindi rincorre), il regista (costruisce azioni), il trequartista (suggerisce assist) e conclude. Di più, obiettivamente, non potrebbe fare. Alla fine i passaggi effettuati da Pjanic sono 59 (52 giusti, 7 sbagliati), 2 i lanci positivi, 2 i cross, 5 le sponde e 6 le occasioni create. Quantità e qualità nella prestazione del centrocampista che, con la punizione telecomandata e con il rigore ammazza-Napoli, dimostra un’invidiabile tecnica e una freddezza non comune.
I TAGLI Nel Napoli si sente l’assenza di Higuain. La squadra di Benitez non ha profondità, riesce a rendersi pericolosa con lanci che aprono il fronte d’attacco, ma non trova mai il guizzo giusto. Solo i movimenti di Insigne, a ben guardare, mandano in tilt la difesa della Roma. Il talentino «taglia» dalla sinistra al centro e qui riesce a sorprendere Benatia e Castan attaccandoli alle spalle. In questo tipo di azione è fondamentale il ruolo di «catapulta» di Pandev che lancia al volo il compagno. Insigne corre su e giù sulla fascia sinistra, recupera palloni (4), contrasta le volate di Maicon (mica uno qualsiasi), crea gioco e occasioni (4), ed entra spesso nel vivo della manovra: sono 64 i palloni toccati. Gli manca, probabilmente, la freddezza al momento della conclusione: 2 i tiri di Insigne, uno in porta e uno fuori. Certo, sul palo colpito c’è anche molta sfortuna, questo va detto, ma a volte la buona sorte bisogna guadagnarsela.
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