Bastava vederlo e ascoltarlo ieri per capire perché, oltre alle prestazioni, dopo pochi mesi di Roma Seydou Keita sia diventato il terzo capitano. Dopo Totti e De Rossi, ha raccolto la fascia e l’eredità da leader di Benatia, compito complicato, soprattutto in una stagione come questa. Una stagione che adesso sta vivendo il suo «momento più difficile».
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Keita, il leone ferito: «Nei momenti difficili i campioni si rialzano»
Il Maliano in conferenza stampa: «Noi, la società e i tifosi siamo le tre componenti del club, ma sono soprattutto loro ad essere determinanti. Chiedo a tutti di esserci accanto, perché senza di loro è ancora più difficile vincere»
PRESSIONE - Seduto accanto a Garcia alla vigilia di una delle partite più importanti dell’anno, sorride e gesticola quando gli viene chiesto di Roma, della pressione e delle difficoltà che comporta giocare qui. Il tecnico dice che è «la città più difficile del mondo», Keita sorride e magari pensa che anche Marsiglia e Barcellona, in fondo, non sono proprio ambientini all’acqua di rose: «Le critiche sono normali, ma dopo il maltempo c’é sempre il sole - spiega -. La stampa non vince le partite ed é meno importante dei tifosi, quando torneremo a vincere le critiche saranno migliori, ma per me contano i tifosi. Per questo abbiamo bisogno del loro sostegno e sono sicuro che ci sarà perché anche loro sono la Roma».
APPELLO - L’Olimpico stasera non sarà quello delle grandi occasioni, ma Keita si aspetta un pubblico in grado di accompagnare la squadra verso il passaggio del turno: «I campioni nel momento della difficoltà alzano la testa e le cose possono cambiare. Noi, la società e i tifosi siamo le tre componenti del club, ma sono soprattutto loro ad essere determinanti. Chiedo a tutti di esserci accanto, di non abbandonarci perché senza il loro aiuto é ancora più difficile vincere e giocare bene con i fischi. Io sono un calciatore, ma non sono la Roma, domani potrei essere altrove o potrei smettere... Solo i tifosi ci saranno sempre, ne abbiamo davvero bisogno, soprattutto all’Olimpico». Dove la Roma non vince da novembre: «In questo momento stiamo fallendo diverse occasioni, la palla non entra ma noi dobbiamo fare solamente una cosa: lavorare, lavorare e lavorare. Solo così le cose cambieranno e torneremo a rispettare le aspettative - conclude il centrocampista maliano - che ci sono sempre state sul nostro conto».
FUTURO - Aspettative, a Trigoria, ci sono anche sul suo rinnovo: la società e Garcia vorrebbero che restasse per un’altra stagione e lui, a 35 anni, ci sta pensando. Provare a vincere un trofeo e disputare ancora la Champions sono motivazioni forti, dall’altra parte però, oltre ad alcuni club di Premier che hanno sondato il terreno col suo procuratore (lo stesso dell’allenatore) c’è anche l’ipotesi del ritiro. La stanchezza inizia a farsi sentire e certo non aiutano le 30 partite già giocate fino a questo punto. Tante, per uno che sulla carta doveva essere il quinto centrocampista dopo De Rossi, Pjanic, Strootman e Nainggolan. Solo Garcia era convinto che potesse giocare tanto, ma probabilmente neanche lui immaginava che potesse diventare un intoccabile della squadra, uno ormai entrato talmente tanto nell’ambiente romanista da farsi prendere da un momento di follia che gli è costato il cartellino rosso contro la Sampdoria. Considerando che in carriera, in più di 500 partite, è stato espulso soltanto 5 volte, non era abituato. Per questo martedì, appena arrivato a Trigoria, si è scusato prima privatamente con allenatore e compagni e poi lo ha fatto via Twitter con tutti i tifosi. A Cesena sarà squalificato, stasera invece toccherà a lui, ancora una volta, prendere per mano la squadra. E dimostrare sul campo quello che ha detto ieri: «I campioni rialzano sempre la testa».
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