Totti dovrebbe avere il coraggio di fermarsi, per essere d’aiuto alla Roma (o magari alla Nazionale) in una veste diversa da quella di calciatore, per evitare una brusca interruzione della carriera non decisa da lui, come avvenuto in passato con Del Piero. Non pensa che i giocatori dovrebbero capire quando è il momento di dire basta e porsi il dubbio che ci possano essere compagni più utili alla squadra? (scrive Luca Giuriceo, da Lucca, alla Gazzetta dello Sport)
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Cosa farà Totti? Deve decidere lui
L’ideale, per lasciare un bel ricordo e per evitare di sentirsi dire dagli altri che il contratto non sarà rinnovato, è sempre decidere da soli, pensando che gli interessi della squadra vengono prima dei propri
L’insufficiente prestazione di Totti contro l’Inter ha riaperto le discussioni sul suo futuro, riproponendo di conseguenza gli inevitabili paragoni con l’addio di Del Piero alla Juventus, come conferma questa lettera del signor Giuriceo. Premesso che nessuno potrà mai discutere la grandezza di Totti né tantomeno il suo attaccamento alla Roma, questa stagione ormai in dirittura finale ha dimostrato che il Capitano, come lo chiama con grande rispetto Garcia, può ancora offrire lampi della sua immensa classe in singole partite, tipo il derby d’andata, ma senza la continuità dei suoi anni migliori. E siccome Totti è il più grande giocatore della storia della Roma, gestire il suo umanissimo declino diventa un’impresa ancora più delicata, per la società e l’allenatore. Escludendo un suo immediato addio, e non soltanto perché ha ancora un anno di contratto, rimane comunque un doppio problema. Come considerare Totti nella prossima stagione: un titolare a prescindere come sempre almeno nelle partite più importanti, oppure un capitano non giocatore destinato prevalentemente alla panchina? E soprattutto si deve pensare fin d’ora a rinnovargli il contratto in scadenza a giugno 2016, quando starà per compiere 40 anni, oppure incominciare a proporgli un ruolo importante in società?
Capisco che per i tifosi, specie di altre squadre, è molto facile invocare il ritiro di campioni al tramonto, ma capisco anche che è altrettanto difficile smettere perché, come dice il grandissimo Zico, i giocatori sono gli unici che muoiono due volte: quando abbandonano il campo e quando abbandonano la terra.
L’ideale, per lasciare un bel ricordo e per evitare di sentirsi dire dagli altri che il contratto non sarà rinnovato, come è successo a Del Piero, è sempre decidere da soli, pensando che gli interessi della squadra vengono prima dei propri. Ecco perché Totti aiuterebbe la sua Roma, e quindi Garcia, se annunciasse pubblicamente che il prossimo anno è disposto a dare il suo aiuto, comunque importante, partendo dalla panchina come jolly di lusso, preparandosi così a un graduale ritiro, o al massimo al prolungamento di un anno, a patto di trovare un pieno accordo con la società e l’allenatore. È vero che ogni caso è diverso e i tempi cambiano, ma Platini nel 1987 ha lasciato un ricordo ancora più bello perché ha dato l’addio alla Juventus e al calcio quando aveva soltanto 32 anni. Per rimanere ai più grandi campioni italiani che giocavano in attacco come Totti, ricordo che Mazzola lasciò l’Inter e il calcio nel 1977 quando non aveva ancora compiuto 35 anni, mentre Rivera chiuse con il Milan e il calcio nel 1979, dopo lo scudetto della stella, quando non ne aveva ancora 36. E tutti e tre anticiparono, con la stessa classe con cui avevano giocato, il fischio finale dei propri dirigenti, a costo di dare un dispiacere ai rispettivi tifosi.
Adesso, quindi, la parola passa a Totti che non è ancora un campione finito, come insinua qualcuno, ma che fatalmente sta finendo. E siccome i campioni sono grandi anche nella testa, sono sicuro che sarà lui il padrone del suo destino.
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