rassegna stampa

Dodici mesi dopo. Un’altra Roma un altro Garcia

La padronanza della lingua oggi è il collante per l’amore della gente. Rudi prova ad immaginare come potrebbe essere tra altri 12 mesi, nel caso dovesse arrivare a vincere quel titolo che a Trigoria sognano tutti.

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In 12 mesi, a volte, può cambiare anche un mondo intero. Quello di Rudi Garcia si è capovolto, trasformato, rovesciato come forse neanche lui poteva arrivare ad immaginare. E ora che lo vede direttamente dalla prospettiva che più gli piace, Rudi prova ad immaginare come potrebbe essere tra altri 12 mesi, nel caso dovesse arrivare a vincere quel titolo che a Trigoria sognano tutti. «Per me continuiamo ad essere degli outsider, ma visto che tutti ci danno come favoriti, va bene lo stesso. Mi piace anche questo di ruolo», ha detto due giorni fa. Raccogliendo la sfida, senza rispedire il guanto al mittente. 

LA METAMORFOSI DEL GRUPPO  Rudi si è arreso, dunque, accettando e facendo suo l’entusiasmo della piazza giallorossa. Un altro mondo, appunto, rispetto a quello che conobbe dodici mesi fa, quando calatosi dalla fredda Lille si è trovato a difendersi dalla lava di una stagione devastante. Ma lui non è scappato a valle, anzi. Si è messo lì, provando a salvare le sue cose (la squadra), la sua gente (i giocatori) e rispondendo colpo su colpo a qualsiasi attacco, qualsiasi insulto, qualsiasi tentativo di destabilizzare il suo lavoro. Dodici mesi fa era stato chiamato da Walter Sabatini per ricompattare un gruppo che mancava di autostima, riportare al suo interno soprattutto entusiasmo, gioia, spensieratezza. Oggi quello stesso gruppo Rudi ha l’obbligo di frenarlo, tenerlo a bada, fare in modo che la presunzione non diventi un peccato capitale. E lo vuole fare togliendo pressione intorno alla squadra e, se necessario, anche «scatenando un temporale» al suo interno, nel caso si dovesse rendere conto che i successi e le vittorie passate abbiano abbassato gli stimoli della fame. Quella agonistica, è evidente, che poi è quella con cui si vince. 

TEAM BUILDING Ma la metamorfosi del mondo di Rudi è molto più ampia e va al di là del campo, dove il francese lavora sempre allo stesso modo: tanta palla, tanti giochi (individuali e di squadra), gli stessi modi per costruire il gruppo, fare team-building. Dodici mesi fa iniziò facendo rafting dalle parti di Riscone («Siamo tutti sulla stessa barca» fu il motto di allora), oggi usa le cene e gli scherzi, aiutato anche da una padronanza della lingua che allora — giocoforza — non poteva ancora avere. E proprio la lingua se dodici mesi fa gli aveva creato degli imbarazzi iniziali con i tifosi («Chi contesta è della Lazio» fu una frase che lo portò a doversi chiarire subito con una frangia del tifo), oggi è il collante per l’amore della gente. Rudi si ferma, parla, dialoga con tutti. Perché sa che le vittorie si costruiscono sui rapporti e quelli umani sono sempre quelli che alla fine fanno la differenza. 

VOGLIA DI VINCEERE  Ecco perché se 12 mesi fa Garcia non si poneva logicamente obiettivi espliciti (salvo comunque dire che «dobbiamo riportare l’entusiasmo tra i tifosi e provare a tornare in Europa»), oggi anche lui non si è più potuto nascondere: «Vogliamo vincere, ma per farlo serve cattiveria agonistica, mentalità ed umiltà». Adesso lavorerà soprattutto su questo, sull’alchimia della vittoria. A pensarci bene, in dodici mesi è proprio tutto un altro mondo.